Cosa sono le endotossine? Dove si trovano e quali rischi comportano per la salute? In questa guida parliamo di endotossine, con un focus particolare sulle malattie di origine professionale ad esse correlate. Le endotossine infatti sono sostanze di origine batterica che possono rappresentare un rischio significativo per la salute, soprattutto per coloro che operano in determinati ambienti lavorativi. Sebbene spesso poco considerate, queste molecole possono avere effetti nocivi rilevanti quando vengono inalate o entrano in contatto con l’organismo umano. Quali misure possono essere adottate per ridurre l’esposizione e i rischi associati? Quali sono i diritti degli esposti?

Cosa sono le Endotossine e come agiscono?

Le endotossine sono componenti strutturali della membrana esterna dei batteri Gram-negativi, composte prevalentemente da lipopolisaccaridi (LPS). Durante la crescita, la divisione cellulare o la lisi di questi microrganismi, le endotossine vengono rilasciate nell’ambiente circostante, entrando così in contatto con l’uomo e altri esseri viventi.

Pur non essendo tossine nel senso tradizionale del termine, come il veleno di un serpente o di alcuni funghi, sono in grado di attivare in maniera potente il sistema immunitario. In piccole dosi la risposta del sistema immunitario ha anche effetti positivi, ma in esposizioni ripetute e/o a dosi massicce gli effetti possono essere gravi, fino alla morte.

Studi scientifici suggeriscono che queste sostanze siano essenziali per la sopravvivenza dei batteri, contribuendo sia alla loro replicazione sia alla difesa dagli attacchi di altri microrganismi e delle cellule del sistema immunitario.

Dove si trovano le endotossine?

Le endotossine sono ampiamente diffuse negli ambienti dove si accumula materiale organico in decomposizione o si manipolano prodotti di origine animale o vegetale. Tra i settori più esposti vi sono:

  • settore agricolo e zootecnico: allevamenti intensivi, stalle, impianti di compostaggio;
  • Industria alimentare: produzione e lavorazione di prodotti lattiero-caseari, macelli, panifici;
  • Gestione dei rifiuti: discariche, impianti di trattamento di acque reflue;
  • Settore sanitario: ospedali, laboratori di analisi, studi dentistici;
  • Ambienti indoor: uffici, scuole e abitazioni con impianti di ventilazione contaminati.

Essendo altamente resistenti al calore e agli agenti chimici, le endotossine possono persistere nell’ambiente per lunghi periodi, costituendo una fonte di rischio costante per la salute.

Effetti sulla salute umana e malattie correlate

L’esposizione alle endotossine può provocare una serie di reazioni avverse, la cui gravità dipende dalla concentrazione e dalla durata del contatto con queste sostanze. Il sistema immunitario le riconosce attraverso specifici recettori (come il Toll-like receptor 4, TLR4), scatenando una risposta infiammatoria. Le principali conseguenze dell’esposizione includono:

  • sintomi lievi e transitori: febbre, malessere generale, disturbi gastrointestinali;
  • infiammazioni croniche: bronchiti, asma, sindrome da disfunzione reattiva delle vie aeree (RADS) e BPCO;
  • patologie gravi: shock settico, danni agli organi interni, sindrome da polveri organiche tossiche (ODTS).

L’impatto sulla salute quindi può variare da una semplice irritazione delle mucose fino a condizioni mediche severe, soprattutto per i lavoratori esposti quotidianamente a elevate concentrazioni di endotossine.

Come ridurre l’esposizione alle endotossine?

Poiché le endotossine non vengono facilmente distrutte dai comuni disinfettanti, è necessario adottare strategie mirate per ridurne la presenza negli ambienti di lavoro. Tra le soluzioni più efficaci vi sono:

  • sistemi di filtrazione dell’aria per ridurre la dispersione di aerosol contaminati;
  • pulizia e sanificazione periodica con detergenti specifici per abbattere la carica batterica sulle superfici;
  • uso di dispositivi di protezione individuale (mascherine FFP3, guanti, indumenti protettivi);
  • ventilazione adeguata per evitare il ristagno di particelle aerodisperse;
  • riduzione della produzione di aerosol attraverso processi di lavorazione controllati.

Lavoratori a rischio e malattie professionali

Alcune categorie professionali sono particolarmente esposte al rischio di inalazione di endotossine. Tra queste figurano agricoltori, allevatori, macellai, operatori sanitari e lavoratori del settore tessile. In molti di questi ambiti, le endotossine rappresentano un rischio riconosciuto e possono essere la causa di malattie professionali.

L’assistenza legale per i lavoratori esposti è fondamentale per ottenere il riconoscimento della malattia professionale e i relativi indennizzi. Secondo la normativa vigente, i datori di lavoro hanno l’obbligo di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. In caso di mancata protezione, le vittime possono richiedere un risarcimento integrale per i danni subiti.

L’Osservatorio Nazionale Amianto offre assistenza legale gratuita a tutte le vittime di esposizioni dannose sul posto di lavoro. Compilando il form che trovate al termine di questa pagina potrete ricevere una prima consulenza legale per ottenere indennizzi e risarcimenti.

Metodi di campionamento e analisi

Per monitorare la presenza di endotossine aerodisperse, il Comitato Europeo di Normazione (CEN) ha sviluppato la norma tecnica EN 14031:2021, che definisce le procedure per il campionamento e l’analisi di queste sostanze.

Il metodo standard prevede la raccolta della frazione inalabile del bioaerosol tramite filtri e separatori di particelle posizionati in prossimità delle vie respiratorie dei lavoratori o in punti fissi nei locali di lavoro. La quantificazione delle endotossine viene solitamente effettuata tramite il test LAL (Limulus Amebocyte Lysate), un metodo altamente sensibile che sfrutta un enzima presente nell’emolinfa del Limulus polyphemus per rilevare il lipopolisaccaride batterico. I risultati vengono espressi in Unità di Endotossina per metro cubo d’aria (EU/m³).

Nonostante l’affidabilità del test LAL, alcune interferenze ambientali possono comprometterne la precisione. Per questo motivo, si stanno sviluppando tecniche alternative come il test rFC, la cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa (HPLC/MS-MS) e la gascromatografia-spettrometria di massa (GC-MS), sebbene queste metodologie non siano ancora di uso comune.

Limiti di esposizione e linee guida internazionali

Attualmente non esistono limiti di esposizione obbligatori, ma diversi enti di ricerca hanno proposto valori di riferimento basati su studi epidemiologici. Il Dutch Expert Committee on Occupational Safety (DECOS) suggerisce un limite di sicurezza pari a 90 EU/m³ per un turno lavorativo di otto ore.

Ricerche indipendenti indicano che concentrazioni superiori a 100 EU/m³ possono provocare infiammazioni delle vie respiratorie, mentre esposizioni superiori a 1.000 EU/m³ sono associate a sintomi gravi e disturbi sistemici. In Germania, le linee guida classificano i livelli di contaminazione in:

  • Esposizione moderata: 100-1.000 EU/m³;
  • Esposizione elevata: 1.000-10.000 EU/m³;
  • Esposizione critica: oltre 10.000 EU/m³.

Assistenza e tutela legale dell’ONA

Per richiedere l’assistenza medica e legale gratuita dell’ONA in caso di esposizione all’amianto o ad altri cancerogeni basta chiamare il numero verde 800 034 294 o compilare il form.

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