Il tumore alle ovaie è la neoplasia che causa la crescita anomala di cellule all’interno delle ovaie. Queste ultime sono ghiandole riproduttive femminili, situate nei lati dell’utero, nella parte bassa dell’addome. L’Osservatorio Nazionale Amianto, insieme all’Avv. Ezio Bonanni, ha fatto emergere come questa neoplasia che colpisce l’ovaio possa essere causata anche da esposizione ad amianto e a talco contaminato da fibre di amianto.
Tutte le donne che contraggono il tumore alle ovaie a seguito dell’esposizione morbigena all’amianto hanno diritto all’indennizzo INAIL. Oltre al riconoscimento di malattia professionale, le vittime hanno diritto ai benefici contributivi per l’esposizione subita all’amianto e altri cancerogeni, anche per accedere in anticipo al pensionamento. Quest’ultima circostanza si verifica per il 50% dell’esposizione ad amianto (art. 13, co. 7, L. 257/92). Esistono altrettanti benefici anche per coloro che risultano già collocati in quiescenza, come la rivalutazione delle prestazioni pensionistiche. Anche nel caso in cui il lavoratore non dovesse maturare l’importo contribuito tale da determinare il posizionamento in pensione, questi ha comunque diritto alla pensione inabilità amianto.
Cosa sono le ovaie e a che cosa servono?
Le ovaie sono due organi posizionati alle estremità dell’utero. Con una grandezza pari a circa tre centimetri di diametro, questi piccoli organi servono alla riproduzione, attraverso la produzione di ormoni sessuali femminili e ovociti, che vengono trasportati all’utero attraverso le tube. Quando viene riscontrata una proliferazione anomala e incontrollata di queste cellule c’è un alto tasso di rischio che si sia sviluppato il tumore alle ovaie. Nella maggior parte dei casi, quest’ultimo colpisce le cellule epiteliali, ma può danneggiare anche quelle germinali.
Tumore alle ovaie: i cancerogeni che lo provocano
Il tumore alle ovaie è multifattoriale, quindi protrebbe essere causato da diversi fattori. Tra questi, tra i fattori a più alto rischio, troviamo anche l’amianto e le radiazioni ionizzanti, i corpi a base di polvere di talco spesso contaminati da fibre di asbesto. Anche il fumo di tabacco e gli estrogeni per la terapia della menopausa possono causare questa neoplasia.
Lo stesso IARC, nell’ultima monografia, fa riferimento alle fibre di amianto e al talco. In particolare, la pubblicazione cita l’amianto quale agente eziologico del cancro alle ovaie: “There is sufficient evidence in humans for the carcinogenicity of all forms of asbestos. Asbestos causes mesothelioma and cancer of the ovary”.
Anche l’INAIL, nelle tabelle delle malattie professionali, fa riferimento a questi cancerogeni, identificandoli come cause primarie dell’insorgenza del tumore alle ovaie. L’ente previdenziale riconosce, rispettivamente, nella Lista I l’asbesto, gli estrogeni della terapia della menopausa e il fumo di tabacco; nella Lista II, invece, colloca le radiazioni X e gamma e i corpi a base di polvere di talco.
Tumore alle ovaie e riconoscimento INAIL malattia professionale
L’inserimento nella liste INAIL di tali cancerogeni è fondamentale, perché conferma la loro alta lesività. Allo stesso tempo, costituisce anche il presupposto per la tutela giuridica delle vittime del tumore alle ovaie. Per assicurare una diagnosi precoce, tutte le lavoratrici che suppongono o hanno certezza di essere state esposte a questa fibra cancerogena nell’ambiente lavorativo devono sottoporsi alla sorveglianza sanitaria. In questo modo, ove venissero evidenziati i primi sintomi riconducibili a tale neoplasia, si potrà agire tempestivamente e, quindi, ottenere anche migliori aspettative di vita. In più, oltre al mero indennizzo, l’INAIL, nei casi di patologia asbesto correlata, riconosce il diritto al prepensionamento e al risarcimento integrale di tutti i danni subiti. Innanzitutto, bisognerà individuare quali siano state le cause scatenanti della malattia, in quanto potrebbero essere legate non solamente all’esposizione cancerogena, tantopiù per cause genetiche o legate allo stile di vita (obesità, fumo, assenza di esercizio fisico).
Correlazione tra tumore ed esposizione all’amianto
Heller, Gordon, Westhoff, Gerber, in “Asbestos exposure and ovarian fiber burden“, hanno evidenziato come:
“Studi epidemiologici suggeriscono un aumento del rischio di cancro ovarico epiteliale nelle lavoratrici dell’amianto e un aumento del rischio di neoplasie in generale nei contatti familiari delle lavoratrici dell’amianto. Le ovaie sono state studiate da 13 donne con contatti familiari con uomini con documentata esposizione all’amianto e da 17 donne sottoposte a ovariectomia accidentale. Il tessuto ovarico è stato esaminato mediante microscopia elettronica analitica. Sono state rilevate cariche significative di fibre di amianto in 9 donne su 13 con esposizione all’amianto in casa (69,2%) e in 6 donne su 17 che non hanno riportato una storia di esposizione (35%). Tre donne esposte avevano una conta di amianto superiore a 1 milione di fibre per grammo di peso umido (23%), ma solo 1/17 donne senza una storia di esposizione avevano una conta così alta (6%).
Sebbene l’amianto sia stato documentato come contaminante di alcuni vecchi preparati cosmetici a base di talco, i tipi di amianto crisotilo e crocidolite che abbiamo rilevato sono più indicativi dell’esposizione di fondo e/o professionale. Questo studio dimostra che l’amianto raggiunge l’ovaio. Sebbene il numero di soggetti sia piccolo, l’amianto sembra essere presente nel tessuto ovarico più frequentemente e in quantità maggiori nelle donne con una storia di esposizione documentabile“.
Sempre Heller e Gordon, insieme a Katz, hanno ribadito questo legame in “Correlation of asbestos fiber burdens in fallopian tubes and ovarian tissue“:
“L’evidenza suggerisce un aumento del rischio di cancro ovarico con l’esposizione all’amianto. Le ovaie e le corrispondenti tube di Falloppio sono state studiate mediante microscopia elettronica analitica. C’era una concordanza del 71,4% tra tubo e ovaio per il tipo di presenza di amianto”.
Tumore alle ovaie e talco cancerogeno
Nel corso degli anni si è notata una certa correlazione e interazione tra lo sviluppo del cancro ovarico e l’utilizzo di talco, contaminato da amianto. In particolare, la questione è riconducibile alle alterazioni dei geni Brca 1 e Brca 2. Questa circostanza, di origine ereditaria, potrebbe essere il primo segnale di una predisposizione allo sviluppo del tumore alle ovaie. Per tale ragione, è di fondamentale importanza sottoporsi a costante sorveglianza sanitaria. Inoltre, anche le alterazioni del sistema endocrino potrebbero esporre la paziente a un maggiore rischio di contrarre tale neoplasia.
Anche la giurisprudenza sostiene la stretta correlazione tra talco cancerogeno e tumore alle ovaie. Una sentenza negli Stati Uniti, infatti, ha condannato una nota azienda farmaceutica al risarcimento per la morte di una donna che ha contratto cancro ovarico a seguito dell’uso prolungato di prodotti a base di talco. Fino a qualche anno fa, infatti, questi prodotti venivano utilizzati nella zona inguinale al fine di mantenere asciutti i diaframmi contraccettivi in lattice di gomma. Il risarcimento è equivalso alla somma di 72 milioni di dollari. Successivamente, a seguito delle numerose denunce anche da parte di altre clienti il colosso farmaceutico ha dovuto elargire altrettante somme ingenti per risarcire i danni provocati.
Sul fronte scientifico, non è stata notata nessuna relazione specifica tra l’uso di talco e un aumento di rischio di sviluppo del tumore alle ovaie. L’unica correlazione è stata individuata tra la durata del consumo di tale prodotto e la frequenza della malattia, così come per il resto degli altri cancerogeni, come l’amianto. Ad ogni modo, al fine precauzionale, gli esperti consigliano di evitare l’uso del talco a livello inguinale o genitale per scongiurare ogni possibile rischio.
Il talco è davvero pericoloso?
Gli studi scientifici e la ricerca medica, alla luce dei dati raccolti in tutti questi anni, hanno classificato il talco contaminato da amianto come cancerogeno per l’organismo. A questo punto in molti si chiedono se il talco è davvero pericoloso e il suo uso dovrebbe essere limitato nel tempo. La risposta è no, perché la causa della cancerogenità di tale sostanza deriva dalla comprovata contaminazione con fibre di asbesto, generalmente non presenti in un talco qualsiasi. In più, tale prodotto è stato ritirato ormai da anni dal commercio, quindi tutti gli altri talchi ancora presenti sono risultati privi di lesività per la salute umana.
Lo conferma anche lo IARC, che sulla base di esperimenti scientifici condotti su esseri umani e animali ha definito il talco non contaminato da amianto come “non classificabile tra i cancerogeni umani“. Inoltre, ha considerato un’abitudine che aumenta il rischio di sviluppo del tumore alle ovaie solamente l’uso prolungato di tale prodotto in zona genitale o intravaginale.
Studi scientifici e di coorte sul rischio cancro
Anche se le evidenze scientifiche degli esperimenti e studi finora condotti sulla correlazione tra uso del talco in zone genitali e lo sviluppo di una neoplasia alle ovaie non hanno riscontrato dati significativi, la ricerca non si ferma. A segnalare evidenze rilevanti e affidabili sono stati però gli studi di coorte. Questi consistono nel reclutare un ampio gruppo di donne sane e seguirle nel tempo raccogliendo numerosi dati, per cercare di capire cosa differenzia le donne che a un certo punto della loro vita contraggono il tumore alle ovaie. Finora, nessuno scienziato ha identificato né ipotizzato un meccanismo biologico per cui il talco potrebbe causare lo sviluppo del tumore.
Tumore alle ovaie: le lavorazioni a rischio
Già nel 1982, molti studiosi avevano individuato dei settori industriali di maggior rischio per esposizione all’amianto e altri cancerogeni. Questo è stato possibile grazie a un’attenta analisi delle donne che denunciavano e ricevevano un indennizzo per asbestosi. I settori maggiormente a rischio sono stati, infatti, quello tessile, quello di produzione di cemento amianto e il settore tipografico. Proprio in queste industrie, infatti, è stata registrata anche un’elevata incidenza di mesoteliomi e altre patologie amianto correlate.
Ciò era dovuto al fatto che, come confermano anche le letterature di quei tempi, la massiccia presenza di amianto all’interno delle fabbriche esponeva inconsapevolmente le lavoratrici ad esposizioni morbigene. Soprattutto tra coloro che erano a stretto contatto con i macchinari. Le coibentazioni di questi ultimi, così come particolari ingranaggi erano, infatti, realizzati in amianto, che risultava più resistente alle alte temperature. Anche l’utilizzo di guanti e pezze di amianto hanno incrementato l’esposizione delle lavoratrici, soprattutto quando le fibre di asbesto, al loro stato friabile, si sgretolavano e aerodisperdevano negli ambienti, per lo più chiusi e senza ricircolo adeguato di aria. Questo permetteva, quindi, una conseguente inalazione della sostanza cancerogena, oltre allo sviluppo e all’aumento dell’insorgenza di riflesso di tali neoplasie, anche gravi.
Tumore alle ovaie: tutti i sintomi
Nelle fasi iniziali della malattia, il tumore alle ovaie non mostra evidenti sintomi riconducibili alla neoplasia. Solo in uno stadio avanzato la sintomatologia si fa persistente, e quindi è possibile identificarla. In ogni modo, i sintomi del cancro alle ovaie sono i seguenti:
- gonfiore e dolore addominale (persistente oppure intermittente);
- necessità di minzione frequente e senso di pressione nella zona vescicale;
- nausea e indigestione;
- elevata produzione e presenza di gas intestinale;
- costipazione o diarrea;
- dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali);
- sensazione di spossatezza generale.
Esistono anche sintomi meno comuni, quali inappetenza, perdite ematiche vaginali, che siano abbondanti o sporadiche, variazioni delle abitudini intestinali e addirittura dispnea e altre difficoltà respiratorie.
La diagnosi del tumore alle ovaie: esami utili
Qualora in qualsiasi situazione ci si ritrova a riscontrare dei sintomi riconducibili al tumore alle ovaie, si può procedere ad esami più specifici che possano identificarne la diagnosi. Questa avviene solo successivamente a una visita ginecologica e palpazione dell’addome. Per delineare un quadro clinico quanto più chiaro possibile è importante anche valutare l’età della paziente, la consistenza delle ovaie e le dimensioni. Infatti, con il sopraggiungimento della fase di menopausa le ovaie diminuiscono le proprie dimensioni, pertanto se queste restano comunque palpabili al tatto è possibile che ci sia un ingrossamento, riconducibile pertanto alla presenza di un cancro ovarico.
È bene rammendare che fortunatamente non in tutti i casi il tumore alle ovaie è maligno, ma ogni condizione non va comunque sottovalutata. Per ottenere un’accurata diagnosi, è necessario sottoporsi ad ecografia transaddominale o transvaginale, a volte con necessità di combinazione con il marcatore serico CA 125. Solo attraverso accurati esami vi è una probabilità maggiore di ottenere una diagnosi precoce. Inoltre, per individuare eventuali metastasi, che potrebbero estendersi a fegato, linfonodi e polmoni, sono indispensabili anche la TC dell’addome e la risonanza magnetica.
Il carcinoma ovarico può essere diagnosticato in diversi stadi:
- I (limitato alle ovaie);
- II (su una o entrambe le ovaie ed esteso anche agli organi pelvici);
- III (su una o entrambe le ovaie, esteso agli organi pelvici e/o con metastasi ai linfonodi adiacenti);
- IV (presenza di metastasi anche a distanza dalla zona delle ovaie).
La classificazione dei tumori alle ovaie secondo l’OMS
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha ribadito l’importanza di fare a priori una distinzione tra le diverse tipologie di tumore alle ovaie. Innazitutto, bisogna suddividere la neoplasia in primitiva, quando si sviluppa nell’ovaio, e secondaria, nei casi in cui il cancro dovesse svilupparsi in altre zone del corpo, giungendo poi fino all’ovaie. Dopo aver effettuato questa preliminare distinzione l’OMS generalmente classifica ulteriormente questa malattia in:
- epiteliale (derivanti da un malfunzionamento dell’epitelio, il tessuto che riveste l’ovaio);
- stromale (che originano in un altro tessuto dell’ovaio);
- germinale (provenienti dalle cellule che originano gli ovuli).
Tumore alle ovaie: trattamento, terapia e cura
Esistono diversi trattamenti e terapie per la cura del cancro alle ovaie. Nella maggior parte dei casi, le pazienti affette da questa neoplasia vengono sottoposte a un intervento chirurgico. L’entità dell’intervento dipende dal tipo di tumore e la sua estensione, ma questa non rappresenta sempre una cura definitiva alla neoplasia. Per questo, anche nei casi in cui il cancro viene estirpato, si consiglia sempre di eseguire dei cicli di chemioterapia.
Al contrario, la radioterapia non viene quasi mai impiegata nella cura del carcinoma ovarico, se non a scopo palliativo, soprattutto quando vi è presenza di metastasi. La ricerca ha comunque fatto grandi passi, nel corso degli anni. Esistono, infatti, farmaci biologici che possono essere utilizzati per combattere il cancro ovarico. Tra questi, gli inibitori di PARP che agiscono sui sistemi di riparazione del DNA e gli immunoterapici.
La gravidanza sembra, invece, essere un fattore protettivo del cancro delle ovaie proprio per la riduzione del numero di ovulazioni. In tal senso, anche l’allattamento prolungato ha un effetto di protezione. Alcuni studi hanno, infatti, mostrato una maggiore incidenza di cancro all’ovaio nelle donne soggette a menarca precoce o menopausa tardiva, oltra a una stretta correlazione tra endometriosi e tumore alle ovaie. In più, anche l’assunzione prolungata della pillola anticoncezionale è stata associata a un minore rischio minore di contrarre cancro alle ovaie. In ogni caso, l’indice di sopravvivenza nelle pazienti affette da tumore alle ovaie è molto alto, solo negli stadi avanzati il tumore potrebbe essere letale. Per questo sarebbe utile mantenere una certa costanza nella sorveglianza sanitaria, per evitare che la malattia avanzi silenziosamente.
Tumore alle ovaie: la chirurgia è sempre possibile?
Tra le terapie più utilizzate nel trattamento del tumore ovarico c’è la chirurgia, ma la sua applicabilità dipende dall’estensione della neoplasia. Per questo, i medici procedono sempre ad effettuare diverse biopsie prima di procedere con l’intervento stesso, per stabilire la diffusione della patologia. Il fine è sempre quello di rimuovere interamente la massa tumorale, benché non ci si trovi di fronte a una situazione metastatica.
In caso il tumore insorga in donne che vogliano ancora avere dei figli, si attua l’intervento di tipo conservativo, sempre che la neoplasia lo permetta. In questo caso, viene preservato un ovaio, oltre all’utero e la tuba. Ovviamente, questo non è possibile nei casi in cui il tumore è esteso anche in parte dell’addome. In quest’ultima casistica, infatti, si parlerebbe di un intervento parecchio complesso e di grande entità. Per tale ragione, non tutte le pazienti possono esservi sottoposte.
Generalmente l’intervento avviene tramite un’incisione verticale sull’addome. Solo in seguito si procede con un’annessiectomia bilaterale, che prevedere l’asportazione delle tube e delle ovaie. Spesso, nei casi in cui il tumore è maggiormente esteso e a alto rischio di recidiva, si procede anche con un’isterectomia totale, e cioè nella totale rimozione dell’utero e della cervice, oltreché di qualunque nodulo sospetto. A volte, potrebbe essere necessario rimuovere anche una parte dell’intestino.
Decorso post-operatorio
Successivamente all’intervento chirurgico, è indispensabile una fase di convalescenza, nella quale si resta comunque ricoverati in ospedale. Ci si potrà alzare e camminare, ma inizialmente l’alimentazione sarà via endovena attraverso liquidi e sali minerali. Dopo di che, si riprenderà l’alimentazione ordinaria. L’operazione chirurgica, di solito, non comporta complicanze.
In alcuni casi, potrebbe essere necessario l’ausilio di un drenaggio, direttamente dalla ferita. I punti, invece, generalmente vengono tolti dopo circa sette giorni. È del tutto normale accusare dolore alla ferita nei giorni successivi, per questo vengono prescritti all’occorrenza farmaci analgesici. Solitamente, le dimissioni avvengono entro dieci giorni dall’intervento.
Epidemiologia e diffusione del tumore alle ovaie
Come riportato nella pubblicazione “I numeri del cancro in Italia“, redatto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e dall’Associazione Italiana Registro Tumori (Airtum), sono registrati circa 4.900 casi ogni anno di tumore alle ovaie in Italia e sono circa 30.000 le donne attualmente in trattamento. Il cancro ovaie rappresenta circa il 30% dei tumori maligni dell’apparato genitale femminile ed è al decimo posto tra tutti i tumori nelle donne.
Il tasso di sopravvivenza di tale neoplasia è mediamente alto, essendo finora al 45%. Il picco di incidenza del cancro alle ovaie si ha tra i 50 e i 60 anni. Tuttavia alcuni tipi di cancro ovaio si manifestano in donne più giovani, ma generalmente ciò accade nei casi in cui è accertata la familiarità della malattia.
Il tipo di tumore ovaricio più diffuso è quello epiteliale. Può presentarsi in forma benigna o maligna e rappresenta il 50% delle neoplasie che colpiscono l’ovaio, con maggiore incidenza in donne tra i 55 e i 65 anni.
Assistenza medica e legale per il tumore alle ovaie
L’ONA offre assistenza medica gratuita per perseguire l’obiettivo della prevenzione secondaria, e quindi ottenere una diagnosi precoce. Solo in questo modo si può procedere più tempestivamente alle cure e quindi far sì che queste siano più efficaci, ottenendo maggiori chance di sopravvivenza e di guarigione. Inoltre, l’ONA assicura il servizio di assistenza legale in favore delle vittime e dei loro familiari.
Infatti, come già evidenziato, coloro che sono state esposte all’asbesto oppure hanno fatto largo utilizzo di talco contaminato da amianto sono a forte rischio di insorgenza di questa neoplasia. Solamente per gli agenti cancerogeni presenti nella Lista I dell’INAIL (asbesto, estrogeni per la terapia della menopausa e fumo di tabacco) vi è la presunzione legale di origine. Quindi, in questi casi il nesso causale si presume e sulle lavoratrici grava solo l’onere della prova della presenza dell’agente eziologico nell’ambiente lavorativo. Per tutti gli altri casi, la tutela legale risulta essere maggiormente complessa.
Indennizzo e rendita INAIL
Come abbiamo già anticipato precedentemente, nel caso l’insorgenza del tumore alle ovaie sia stata causata da un’esposizione ai cancerogeni della Lista I INAIL si ha diritto a un indennizzo da parte dell’ente stesso. In tal caso, sarebbe sufficiente provare la presenza di questi minerali nell’ambiente lavorativo per ricevere la tutela. In seguito a tale prova, il medico del lavoro provvederà a redigere un certificato di malattia professionale. Solo successivamente, si attiverà il percorso di tutela con la domanda di indennizzo INAIL. Le prestazione indennizzate dall’ente previdenziale si distinguono in base all’entità del danno biologico:
- inferiore al 6%, l’INAIL non indennizza il danno biologico, il datore di lavoro è obbligato al risarcimento danni causati dall’esposizione professionale ad amianto (Cass. sez. lav., n. 2491/2008);
- dal 6% al 15%, si ha diritto all’indennizzo una tantum;
- a partire dal 16%, l’INAIL indennizza il danno biologico e il danno patrimoniale da diminuite capacità di lavoro, il datore di lavoro risarcisce solo i danni differenziali e complementari.
In caso di rigetto da parte dell’INAIL, la lavoratrice esposta ad amianto che ha sviluppato un tumore alle ovaie, può ricorrere alla via amministrativa (art. 104 d.p.r. 1124/1965). L’ente fissa la visita collegiale, nel corso della quale la vittima può chiedere un’assistenza medico legale. In caso di ulteriore esito negativo, si potrà avviare un percorso giudiziario, con il deposito del ricorso al Giudice del Lavoro.
Nel caso in cui la malattia professionale sia asbesto correlata, e cioè riconducibile all’esposizione professionale ai minerali di asbesto, sono dovute ulteriori prestazioni. In primo luogo, quelle aggiuntive del Fondo Vittime Amianto, e poi i benefici contributivi amianto.
Benefici contributivi e diritto al prepensionamento
Qualora la neoplasia sia accertata come riconducibile a un’esposizione ad amianto di origine professionale, sussiste il diritto alla rivalutazione contributiva con il coefficiente 1,5, utile a maturare in largo anticipo il diritto al pensionamento. Non solo, anche chi è già collocato in quiescenza può richiedere una rivalutazione contributiva, con conseguente aumento del rateo pensionistico mensile, come stabilito dall’art. 13, co. 7, L. 257/1992.
L’ONA assiste le lavoratrici esposte all’amianto e altri cancerogeni affette da tumore alle ovaie per la tutela dei loro diritti (prevenzione terziaria), compreso quello del prepensionamento. Infatti, nei casi in cui, pur con le maggiorazioni del 50%, non dovesse essere maturato il diritto al pensionamento, si può fare domanda per la pensione invalidità amianto. Infatti, l’art. 41-bis della legge 58 del 2019 ha ampliato la tutela di tutte le vittime di patologie asbesto correlate con i commi 250-bis e 250-ter all’art. 1 della L. n. 232/2016.
L’originario limite di questa normativa introdotta è caduto grazie all’impegno dell’Avv. Ezio Bonanni – Presidente ONA. Con la circolare INPS n. 34 del 2020 sono state dettate le norme regolamentari per poter permettere a tutte le vittime di malattie asbesto correlate, di poter usufruire della pensione invalidità amianto.
Tumore alle ovaie: risarcimento danni
Il tumore alle ovaie provoca, innanzitutto, un danno biologico e, in alcuni casi, purtroppo, si rivela letale. Per questi motivi, come più volte ribadito, l’ONA e l’Avv. Ezio Bonanni insistono, ormai da tempo, sulla prevenzione primaria. Solo evitando l’esposizione a tutti i cancerogeni si può tutelare la salute.
Le fibre di amianto giungono alle ovaie attraverso il flusso sanguigno e il sistema linfatico. In questo modo, viene prima provocata un’infiammazione e poi insorge il cancro. Questo lesivo materiale, inoltre, agisce anche con potenziamento e sinergismo con gli altri cancerogeni. In ogni modo, il cancro delle ovaie risponde alla legge scientifica della teoria multistadio della cancerogenesi, quindi, è importante valutare anche l’entità dell’esposizione.
In tali circostanze, oltre all’indennizzo elargito dall’INAIL, che copre solo il danno biologico e parte del danno patrimoniale, le vittime del tumore alle ovaie hanno anche diritto a un integrale risarcimento da parte del datore di lavoro, che si identifica come l’unico resposabile per aver provocato l’esposizione.
L’indennizzo INAIL si scomputa per poste omogenee, rispetto al maggior importo dovuto sia per i danni indennizzanti che quelli che sono esclusi dalla tutela INAIL. In altre parole, in caso di tumore alle ovaie, la vittima ha diritto al differenziale del danno biologico e del danno patrimoniale e all’integrale risarcimento dei danni morali ed esistenziali.
I profili di responsabilità per tumore alle ovaie
Il datore di lavoro aveva l’obbligo giuridico, anche prima dell’entrata in vigore della L. 257/1992, di evitare l’esposizione ad amianto. Infatti, la lesività delle fibre di amianto, è conosciuta sin da epoca risalente e, quindi, l’obbligo di tutela della salute, ai sensi degli artt. 2087 c.c. e 32 Cost.. Così Cass., IV Sez. pen., n. 49215/2012. In più, la responsabilità sussiste, e quindi, l’obbligo di risarcimento, a prescindere dai limiti di soglia (Cass., Sez. lav., sentenza n. 4721/1998; Cass., IV Sez. pen., sentenza n. 5117/2007).
La prova dei danni per tumore alle ovaie
La giurisprudenza ha chiarito che i danni debbono essere dedotti e dimostrati. Il principio della deduzione è fondamentale per il danno patrimoniale, oltre a quello morale ed esistenziale. In altre parole, se si deduce il danno biologico, dimostrandolo con le cartelle cliniche e con le certificazioni, su base presuntiva, si dimostra anche la sofferenza e la modificazione della qualità della vita della vittima.
Tuttavia, ciò può non essere sufficiente. Infatti, occorre specificare in che cosa consista la sofferenza fisica e morale (pregiudizio morale). In più, l’impatto che la malattia ha avuto sulla vittima e il rapporto con i familiari. In altre parole, il danno può essere personalizzato anche per l’entità del pregiudizio patrimoniale. Tuttavia, deve essere adeguato, con riferimento, oltre al danno biologico, con le altre voci di danno (Cass., Civ., III sez., 11 novembre 2019, n. 28988).
In ogni caso, il criterio è sempre quello equitativo. Rileva, in modo fondamentale, la specificità delle deduzioni e la prova che si riesce a fornire, già con i documenti allegati e, poi, in corso di causa.
Tumore alle ovaie in caso di decesso
In caso di decesso, è possibile promuovere l’azione di risarcimento per gli eredi anche in sede civile, in un unico giudizio, come chiarito da Cass. Sez. Lav. 18503/2016. Allo stesso modo, sulla base di Cass., Civ., III sez., 11 novembre 2019 n. 28989, anche il danno dei familiari iure proprio deve essere risarcito. Oggetto dell’azione di risarcimento dei danni sono quelli:
- iure hereditario, somme maturate dal lavoratore defunto;
- iure proprio, pregiudizi stabiliti direttamente dai familiari della vittima, sia nel corso della malattia che in seguito al decesso (danni che riguardano anche la perdita del rapporto parentale, tutelata dalle norme artt. 29, 30, 31 della Costituzione).
Anche nel caso di separazione dei giudizi, si ottengono i risarcimenti per tutti i profili di danno. In particolare, rilevano anche quelli iure proprio. Infatti, in seguito alla scomparsa di un proprio caro, viene meno, oltre alla fonte di reddito, anche il sostegno fisico e morale. In più, anche la perdita di un rapporto affettivo e di ulteriori sofferenze fisiche e morali. Questi pregiudizi debbono essere integralmente risarciti ai familiari.
Servizio ONA di consulenza gratuita per vittime dell’amianto
L’ONA offre una consulenza gratuita per assistere le vittime dell’amianto dal punto di vista medico e legale. Per richiedere la tutela dei propri diritti si deve contattare il numero verde 800.034.294 o compilare il formulario.