Insieme ad arsenico e mercurio, il cadmio è uno dei metalli pesanti che può contaminare gli alimenti di cui ci nutriamo, con conseguenze gravi per la salute. Il cadmio è utilizzato in numerosi processi industriali e sono a rischio di esposizione numerose categorie lavorative. L’esposizione professionale prolungata può portare alla morte della vittima in sole 8 ore di esposizione.
In questa guida scopriamo tutto sul cadmio: cos’è, dove si trova in natura e quasi sono le soglie di cadmio ammesse dalla legge nella concentrazione negli alimenti. Scopriamo tutto sugli effetti sulla salute di questo agente patogeno e su come proteggersi dall’esposizione lavorativa. Vediamo in particolare quali sono le malattie correlate all’esposizione al cadmio, professionale ed extra-professionale.
Le vittime di esposizione professionale al cadmio hanno diritto al riconoscimento di malattia professionale e all’erogazione delle prestazioni economiche e socio sanitarie dell’INAIL. Hanno anche diritto al risarcimento dei danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali (danno biologico, danno morale ed esistenziale).
L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto si occupa di prevenzione rispetto al rischio di esposizione all’amianto e ad altri patogeni, tra cui il cadmio. Tutela a livello legale le vittime di esposizione per l’ottenimento del risarcimento integrale dei danni e delle prestazioni INAIL o di causa di servizio. Attraverso la richiesta di una consulenza gratuita è possibile ottenere l’assistenza legale, oltre a quella medica e psicologica.
Esposizione al cadmio: che cos’è questo patogeno?
Cos’è il cadmio? Il cadmio è un metallo piuttosto raro in natura. Non lo si trova libero, ma associato nei minerali di zinco. Si presenta di colore bianco-argenteo con riflessi azzurrognoli ed è piuttosto tenero, tanto che può essere tagliato con un coltello. Nella tavola periodica è l’elemento chimico di numero atomico 48 e il suo simbolo è Cd.
Esistono anche alcuni rari minerali del cadmio quali il solfuro (greenockite) e il carbonato basico (otavite). Il cadmio si estrae in genere come sottoprodotto dell’estrazione e della raffinazione dello zinco e, in minor misura, del piombo e del rame. Piccole quantità di cadmio (circa il 10% del consumo totale) provengono dal riciclaggio di rottami di ferro e d’acciaio.
Il cadmio, scoperto già all’inizio del 1800, fu usato regolarmente nell’industria solo a partire dalla Prima Guerra Mondiale. Prima ancora però la farmacopea britannica (British Pharmaceutical Codex) annoverava lo ioduro di cadmio tra i medicinali per curare “le giunture ingrossate, la scrofola e i geloni“. Il cadmio è tossico anche a basse concentrazioni e tende ad accumularsi negli organismi e negli ecosistemi.
Dove si trova il cadmio e dove è utilizzato?
Dove si trova il cadmio? Come già detto è un metallo non presente liberamente in natura. Ampiamente utilizzato per la fabbricazione delle pile elettriche viene immesso negli ambienti attraverso i reflui, la contaminazione con fertilizzanti e l’inquinamento atmosferico. Il fumo di sigaretta aumenta i livelli di cadmio nell’aria negli ambienti interni.
L’acqua può risultare contaminata quando è presente sotto forma di impurezza nello zinco di condutture galvanizzate o nelle saldature di cadmio degli impianti di riscaldamento e di raffreddamento dell’acqua e nei rubinetti. I livelli di cadmio possono essere più elevati in aree rifornite di acqua dolce con basso pH, perché questo tipo di acqua tende a essere più corrosiva nei sistemi condottati che contengono cadmio.
Si stima che attraverso l’alimentazione introduciamo tutti i giorni 10-35 μg di cadmio. L’ingestione attraverso l’acqua è generalmente inferiore a 2 μg/die. Il fumo di sigaretta aumenta l’introito giornaliero di cadmio di circa 2-4 μg (per 20 sigarette fumate). L’esposizione attraverso l’aria dell’ambiente non supera gli 0,8 μg/die.
Usi del cadmio e categorie professionali a rischio
Come già accennato, il cadmio è largamente e principalmente utilizzato nella produzione delle batterie elettriche, in particolare nelle pile al nichel-cadmio. Viene usanto anche per produrre pigmenti, rivestimenti e stabilizzanti per materie plastiche, in misura minore.
Viene inoltre usato in alcune leghe metalliche per la saldatura, nelle cadmiature (rivestimento di materiali con una pellicola di cadmio metallico), nella stabilizzazione del PC e come barriera per controllare le reazioni di fissione naturale. Ancora per produrre i fosfori dei televisori.
Le categorie professionali a rischio di esposizione al cadmio annoverano gli addetti alla produzione di leghe contenenti cadmio, alla cadmiatura degli oggetti metallici e alla saldatura ad elettrodi, nei casi in cui contengano cadmio.
Prevenzione primaria: come evitare l’esposizione
La prevenzione primaria è fondamentale per non ammalarsi. Nel maneggiare il cadmio e i suoi composti è importante lavorare sotto una cappa aspirante in modo da non inalare i vapori del metallo tossico.
Le polveri di cadmio vengono assorbite soprattutto per via inalatoria e in minima parte tramite cute e mucose. Quindi sono proprio le vie respiratorie che è necessario proteggere per evitare le esposizioni dannose.
Una volta assorbito, il cadmio si lega ai globuli rossi e alle proteine plasmatiche per poi accumularsi nel fegato e nei reni. In questi organi può permanere anche per diversi anni, rendendo difficile il monitoraggio biologico dell’esposizione acuta. Una volta depositato, il cadmio viene smaltito assai lentamente attraverso le feci e le urine.
Esposizione al cadmio: prevenzione secondaria e terziaria
La prevenzione secondaria si avvale di un’attenta anamnesi lavorativa per una diagnosi efficace. Gli esami adatti a evidenziare la presenza del metallo pesante nell’organismo possono essere infatti suggeriti non solo dai sintomi del paziente, ma dalla storia lavorativa.
In caso di esposizione lavorativa al cadmio entra in gioco la prevenzione terziaria che attraverso la tutela legale degli esposti permette di prevenire nuove esposizione e assicurare il giusto indennizzo e il risarcimento alle vittime di malattia professionale. Come già accennato, per i dipendenti privati e del pubblico impiego privatizzato entrano in campo le tutele previdenziali dell’INAIL, mentre per i dipendenti di Forze Armate e Comparto Sicurezza si parla di causa di servizio e vittima del dovere.
Esposizione al cadmio e i danni alla salute
L’accumulo di cadmio nell’organismo a lungo andare può causare differenti disturbi. Gli organi che ne risentono maggiormente sono i reni, la cui attività può essere compromessa dalla presenza di questo metallo conducendo nei casi peggiori a insufficienza renale. Un eccesso di cadmio può inoltre procurare diarrea, mal di stomaco e vomito, un processo di demineralizzazione delle ossa che può causare fratture, problemi di fertilità, danneggiamenti al sistema nervoso e a quello immunitario e disturbi psicologici.
Il cadmio è inserito tra le sostanze cancerogena del gruppo 1 della monografia IARC (International Agency for Research on Cancer). Qui vengono riportati gli studi che lo correlano al cancro ai polmoni, cancro della prostata, del fegato, del pancreas e del seno, della vescica e dell’endometrio.
Il cadmio è stato protagonista di un grande inquinamento del suolo e inquinamento delle acque in Giappone che ha causato l’insorgere della malattia itai-itai. Nel 1912 in seguito al rilascio nei fiumi nella prefettura di Toyama di grandi quantità di cadmio ad opera delle compagnie minerarie, ci fu un grande avvelenamento di massa. Causò una grave fragilità ossea e cedimenti renali. Itai in giapponese significa “doloroso” e rimanda ai forti dolori alle ossa e alla spina dorsale.
Patogenesi e sintomi di avvelenamento da cadmio
Il cadmio plasmatico si lega principalmente alla metallotioneina, una proteina plasmatica contenente diversi gruppi sulfidrilici. La proteina contenente cadmio viene eliminata attraverso la filtrazione glomerulare per poi essere riassorbita dalle cellule del tubulo prossimale, nelle quali provoca tossicità. La larga quota riassorbita spiega perché nelle fasi iniziali dell’esposizione il cadmio venga debolmente escreto con le urine (escrezione comunque significativa). Successive e durature esposizioni fanno sì che la tossicità sulle cellule tubulari porti all’incapacità da parte del rene di riassorbire il cadmio escreto.
Un’esposizione a polveri di cadmio pari a 5 mg/m³ è letale in circa 8 ore. Esposizioni pari a 1 mg/m³ possono invece dare una tossicità rilevante a livello dell’albero respiratorio, con dispnea, tosse, febbre e astenia. L’ingestione di alimenti contaminati con cadmio provoca invece una sindrome gastroenterica caratterizza da diarrea, nausea, vomito e disidratazione.
Indicatori di dose e di effetto del cadmio
L’unico indicatore di dose disponibile è il cadmio urinario. Il cadmio urinario viene escreto sia nelle prime fasi di esposizione sia quando sopraggiunge il danno renale. Inoltre per l’immagazzinamento nel parenchima epatico e renale, la cadmiuria può rimanere elevata anche dopo molto tempo dall’esposizione. Per questo, la cadmiuria è un buon indicatore di dose solo se contestualizzato all’interno di una precisa anamnesi lavorativa.
La nefropatia da cadmio provoca l’escrezione di diverse proteine a basso peso molecolare. Per questo, se vi è cadmiuria, ritrovare queste proteine a livello renale è un indicatore tipico di danno renale. Tra queste hanno particolare importanza la N-acetil-glucosaminidasi e la proteina legante il retinolo. Il danno renale cronico può essere sospettato ogni qualvolta la proteinuria rimanga elevata anche dopo cessata esposizione al cadmio.
Esposizione al cadmio negli alimenti nella normativa europea
In ambito alimentare il reg. CE 1881/04, insieme ai più recenti Regolamento (UE) 2021/1323 e Regolamento (UE) 2021/1317, normano i limiti per piombo e cadmio nei Paesi europei.
Secondo il parere dell’EFSA – Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, l’esposizione media degli adulti europei è prossima o leggermente superiore alla dose tollerabile. Inoltre, per alcuni gruppi di consumatori, come vegetariani, vegani, bambini e persone che vivono in aree particolarmente contaminate, i livelli di assunzione possono raggiungere il doppio della dose tollerabile.
Già nel 2014 erano stati stabiliti nuovi limiti per gli alimenti destinati a lattanti e bambini, per il cioccolato e per i prodotti a base di cacao. Per altri alimenti era stata scelta una strategia di “soft” tramite l’implementazione di metodi di attenuazione. Tale strategia ha confermato che la riduzione delle concentrazioni di cadmio è possibile, per cui sono stati emanati i nuovi limiti.
Dose di Cadmio nell’acqua secondo l’OMS
La OMS ha stabilito un valore guida di 3 μg/L. Il D.Lvo 31/2001 ha fissato un valore di parametro di 5,0 μg/L per l’acqua potabile. Attraverso i processi di coagulazione o precipitazione è possibile raggiungere la concentrazione di 0,002 mg/L nell’acqua destinata al consumo umano.
Cadmio: malattia professionale e indennizzo INAIL
L’esposizione professionale al cadmio provoca le seguenti malattie professionali riconosciute dall’INAIL:
- broncopneumopatia cronica ostruttiva (J68.4), inserita nella lista I dell’INAIL tra le malattia ad elevata probabilità di origine professionale e indennizzabile dall’INAIL per un massimo di 6 anni dal termine dell’esposizione lavorativa;
- nefropatia tubolare (N14.3), inserita nella Lista I e indennizzabile per un massimo di 3 anni;
- osteomalacia (M83), nella Lista I e indennizzabile per un massimo di 6 anni;
- cancro del polmone (C34), sempre nella lista I e indennizzabile per un periodo illimitato;
- tumore della prostata, inserito nella lista II dell’INAIL, indennizzabili per un periodo massimo illimitato;
- riniti, rinofaringiti e faringiti croniche, inserite nella lista I dell’INAIL e indennizzabili per 3 anni;
- altre malattie legate all’esposizione al cadmio e composti.
Le malattie della lista II, al contrario di quelle della lista I, non si presumono di origine professionale. Quindi, la prova della loro origine professionale deve essere fornita dal lavoratore dimostrando la presenza del cadmio nelle condizioni e nel luogo di lavoro e il nesso causale.
L’Osservatorio Nazionale Amianto fornisce l’assistenza legale gratuita per l’ottenimento delle tutele INAIL o causa di servizio e il risarcimento integrale dei danni subiti. Chiedi una consulenza gratuita al numero verde 800.034.294 o compilando il form.