Con il termine amianto, che è detto anche asbesto, si identifica un gruppo di minerali fibrosi dalla forma sottile e longitudinale. L’esposizione a polvere e fibre di amianto provoca danni alla salute dell’uomo, come infiammazioni croniche a carico dell’apparato respiratorio e non solo.

La maggior parte delle esposizioni amianto sono di origine professionale, poiché prima del 1992 questo minerale era presente nei luoghi di vita e soprattutto nei luoghi di lavoro.

Gli usi dell’asbesto in Italia e la sua diffusione

L’amianto ha trovato ampia diffusione in Italia, soprattutto nell’edilizia, per le sue proprietà fonoassorbenti e termoisolanti. Inoltre, è stato impiegato nell’edilizia grazie alla sua capacità di  mescolarsi perfettamente con la calce e il gesso.

Per questi motivi in Italia sono ancora presenti canne fumarie, tubi per l’acqua potabile, fognature, serbatoi d’acqua e le coperture in Eternit. Queste ultime sono caratterizzate dalle classiche onduline che vediamo spesso sui tetti delle nostre abitazioni.

Come è noto, l’amianto ha trovato largo impiego anche nel settore industriale. A causa di ciò, attualmente, nonostante la messa al bando del 1992, è ancora presente in numerosi edifici. Si tratta in prevalenza di ex industrie chimiche, siderurgiche, ceramiche, vetrarie, nelle distillerie, nei zuccherifici, nelle centrali termiche e termoelettriche.

Ad ogni modo l’asbesto è stato impiegato anche nel settore tessile per la realizzazione di corde, guaine o nastri. Infine, l’uomo ha utilizzato l’amianto persino nel settore alimentare, per la fabbricazione di filtri per bevande.

L’amianto: cos’è e perché è pericoloso?

Il termine amianto deriva dal greco αμίαντος, che significa puro o immacolato. Il sinonimo asbesto, invece, risale dal greco ’άσβεστος, che si traduce con “inestinguibile”, “incessante ” e “perpetuo”. I minerali di asbesto vengono classificati in anfiboli e serpentini. Al primo gruppo appartiene il crisotilo, meglio conosciuto anche come amianto bianco. Mentre al secondo gruppo appartengono l’actinolite, l’amosite, la crocidolite, la tremolite e l’antofillite.

Nonostante i rischi correlati a questi minerali, da un punto di vista normativo occorre sicuramente maggiore chiarezza. Soprattutto per quanto riguarda la tutela delle vittime e la regolamentazione stessa dei minerali.

Nel complesso, oggi nei luoghi di lavoro, sono ancora presenti altri minerali cancerogeni. Tuttavia, a causa dell’assenza di uno strumento tecnico normativo idoneo, questi, non vengono correlati ai minerali di asbesto. Uno di questi minerali cancerogeni è la fluoro-edenite, che nonostante la sua lesività non viene associata ai minerali di asbesto.

Solo agli inizi degli anni 70 la IARC, ovvero l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro, ha pubblicato una monografia nella quale si leggono le proprietà cancerose di questi minerali.

Danni da amianto: infiammazioni croniche e cancro

amianto nei polmoni

L’effetto dell’esposizione ad amianto nei polmoni (immagine: Giorgia De Salvo)

Come è noto l’esposizione a fibre di asbesto provoca danni alla salute molto seri. Tra questi troviamo l’insorgenza di infiammazioni croniche a carico dell’apparato respiratorio come asbestosiplacche pleuriche ed ispessimento pleurico.

Purtroppo però, in moltissimi casi, le infiammazioni degenerano in un processo neoplastico. Per questi motivi i lavoratori esposti ad amianto corrono il rischio di contrarre neoplasie come il mesoteliomatumore ai polmonitumore alla laringetumore allo stomaco, alla faringe, alle ovaie e del colon retto.

Il mesotelioma, a sua volta, si distingue in quattro tipologie diverse: mesotelioma pleuricomesotelioma pericardico, mesotelioma peritoneale mesotelioma testicolare. Inoltre, occorre precisare che, il mesotelioma è una neoplasia che ha come fattore eziologico solo l’amianto.

L’OMS e l’epidemia da patologie asbesto correlate

Qualsiasi esposizione a polvere e fibre di amianto potrebbe essere dannosa. Difatti, nel mondo è in atto una vera e propria epidemia da patologie asbesto correlate.  A confermarlo è l’OMSOrganizzazione Mondiale della Sanità che nella sua pubblicazione ‘Asbestos’ (27 settembre 2024) dichiara:

 

L’esposizione all’amianto sul lavoro provoca oltre 200.000 morti ogni anno a livello mondiale (sulla base delle stime per il 2016). Ciò rappresenta oltre il 70%  dei decessi per tumori legati all’ambiente lavorativo. Oltre a questa stima sulla mortalità, si stima che l’esposizione all’amianto causi anche un notevole onere di malattia (perdita di quasi 4.000.000 anni di vita aggiustati per la disabilità – misura standardizzata per problemi di salute). Un livello considerevole di decessi e malattie è attribuito anche all’esposizione all’amianto al di fuori del luogo di lavoro.

 

Nonostante la ormai evidente pericolosità dell’amianto, molti Paesi né continuano la produzione. Tra questi troviamo la Russia, che solo nel 2014 ne ha estratto ben 1.100.000 tonnellate, seguita dalla Cina con oltre 400.000 tonnellate, il Brasile circa 284.000, il Kazakhstan 240.000 e l’India 270.000.

Secondo gli ultimi dati aggiornati del 2020, le quantità di amianto (in tonnellate) lavorate sono: in India 310,000, in Cina 243,000, in Russia 126,000, in Uzbekistan 117,000 e in Indonesia 86,200. Ancora nel 2020 risultano prodotti i seguenti quantitativi di amianto (in tonnellate): in Russia 720,000, in Kazakhstan 227,000, in Cina 120,000, in Brasile 71,200 e in Zimbabwe 8,000.

Fibre di amianto: conseguenze sull’organismo

Le fibre di amianto per la loro dimensione particolarmente ridotta, entrano con facilità nel nostro organismo danneggiando i tessuti degli organi. La presenza di queste fibre origina un processo canceroso completo, poiché esse riescono ad alterare anche la struttura cellulare.

Infatti, le fibrille di asbesto producono anche ROS – radicali ossigenati,  capaci di modificare in maniera permanente la sequenza delle basi nucleotidiche. Oltre all’amianto, ci sono altri cancerogeni che hanno la stessa capacità cancerogena. Tra questi troviamo il benzene, il cloluro di vinile, l’aflatossina e le radiazioni ionizzanti.

Questi cancerogeni hanno in comune anche i periodi di latenza, che vanno dai 10 ai 30 anni. Di conseguenza, le neoplasie che hanno origine da questi cancerogeni, possono presentarsi anche dopo 20 anni dall’avvenuta esposizione. Per questi motivi è necessario sottoporre gli esposti a sorveglianza sanitaria.

Asbesto: rischio cancerogeno conosciuto già negli anni ’50

La comunità scientifica fino al 1955 aveva sorvolato sulla capacità cancerogena delle fibre di amianto, nonostante esistessero già le pubblicazioni degli scienziati italiani e tedeschi. Successivamente, con la pubblicazione di “Mortality from lung cancer in asbestos workers” di Richard Doll, nel 1955, ci fu unanime consenso scientifico sulla cancerogenicità delle fibre, almeno per quanto riguarda il polmone.

Negli anni ’60, negli Stati Uniti, grazie all’impegno del Prof. Irving Selikoff, fu portato alla luce, in modo definitivo, la cancerogenicità dell’amianto per le sierose. Così il consumo del minerale cominciò a decrescere negli USA, mentre in Italia subiva una forte accelerazione.

Nel 1964, nel corso della Conferenza organizzata dalla New York Academy of Sciences sugli effetti biologici dell’asbesto, dopo la conferma venuta da numerosi lavori epidemiologici, si raggiunge un consenso generale anche sulla associazione asbesto-cancro polmonare. Il prof. Vigliani interviene presentando lo studio “Association of pulmonary tumors with asbestosis in Piedmont and Lombardy” sulla mortalità degli asbestosici indennizzati dal ’43 al ’64 nelle province di Torino e Alessandria e nella regione Lombardia, dove sono stati evidenziati 11 carcinomi e 3 mesoteliomi. Nonostante queste prove, il consumo di amianto continuò ad aumentare per tutti gli anni ’60.

Poi fu Enrico Vigliani, nel ’69, in qualità di direttore della Clinica Devoto, ad avvallare la proposta di abbassare bruscamente i meno drastici limiti tollerabili dell’amianto americani. Nonostante l’evidenza della cancerogenicità dell’amianto e della sua lesività per la salute, ancora per tutti gli anni ’70, la produzione e l’utilizzo si mantenne elevatissimo.

Legge amianto: dalla cautela alla messa al bando

Grazie alla mobilitazione operaia e alle iniziativa di alcune forze politiche progressiste, in Italia, si dette corso a una nuova legislazione. Fu recepita, seppur tardivamente, la direttiva 477/83/CEE del Consiglio del 19 settembre 1983 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all’esposizione all’amianto durante il lavoro. Queste norme sono state recepite in Italia con il decreto n. 277/91.

Successivamente, con la legge 257 del 1992, all’articolo 1 fu disposto il divieto di estrazione, commercializzazione, lavorazione di amianto e dei prodotti che lo contengono. La normativa ha poi subito diverse modifiche e integrazioni nel corso degli anni, con l’entrata in vigore del decreto legislativo 81/2008 e di tutte le norme prepensionistiche e l’uso di materiali sostitutivi dell’amianto.

Recentemente il Parlamento Europeo ha stabilito nuove norme a tutela dei lavoratori dai rischi per la salute dovuti all’esposizione ad amianto. Le soglie amianto sono state ulteriormente ridotte: “il livello a 0,002 fibre di amianto per cm³, escluse le fibre sottili, oppure a 0,01 fibre di amianto per cm³, incluse le fibre sottili“. Questa risoluzione modifica la precedente direttiva 148/2009/CE.

Amianto e prevenzione primaria, secondaria e terziaria

La teoria multistadio della cancerogenesi afferma che ogni esposizione ha il suo ruolo chiave. Difatti, è necessario evitare ogni tipo di esposizione, come suggerisce la prevenzione primaria, proprio perché le neoplasie da amianto sono di tipo dose dipendente.

Anche il Ministero della Salute ha confermato la teoria della dose dipendenza attraverso la pubblicazione del “Quaderno n. 15 del maggio-giugno 2012”.

Secondo le linee guida dettate dalla prevenzione secondaria, gli ex esposti sono obbligati a sottoporsi a controlli clinici periodici. L’art. 259 del D.lgs. 81/2008 ha determinato che la responsabilità dei controlli clinici sia del datore di lavoro se l’esposto è ancora in attività lavorativa. Mentre, nei casi in cui il lavoratore è collocato già in pensione, la responsabilità della sorveglianza sanitaria è della ASL locale.

Non meno importante è la prevenzione terziaria, che consiste nel raccogliere i dati relativi alle vittime di malattie amianto e ai siti ancora contaminati in Italia. La prevenzione terziaria resta molto importante in quanto, i dati raccolti possono obbligare la bonifica dei siti inquinati.

Il libro bianco delle morti di amianto in Italia

In Italia è in atto una vera strage di malattie da amianto, testimoniata dalla pubblicazione: Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – ed.2022. Il libro è scritto dall’avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.

Secondo i dati raccolti dall’ONA, solo nel 2019 abbiamo assistito ad almeno 6.000 decessi causati da patologie asbesto correlate. Di questi, 1.800 per mesotelioma, 3.600 per tumore ai polmoni e circa 600 per asbestosi.

Mentre nel corso del 2020, l’ONA ha ricevuto segnalazioni di circa 2.000 casi di mesotelioma. La situazione è peggiorata con la diffusione del coronavirus, patologia a cui le vittime amianto sono maggiormente sensibili.

Covid-19 e rischio per le vittime dell’asbesto

Amianto ed emergenza Covid 19

Le vittime di malattie legate all’amianto o con altre patologie respiratorie sono più fragili di fronte al Covid-19. Con l’esposizione ad amianto, anche in assenza di malattia, le fibre nell’organismo possono ostacolare la respirazione, innalzando così la soglia di rischio in caso si sia contratto il coronavirus.

Per questi motivi l’ONA insiste affinché le indicazioni precauzionali siano attentamente eseguite e, in sede ospedaliera, si separino i percorsi di coloro che sono affetti da patologie asbesto correlate. L’ONA e l’Avv. Ezio Bonanni hanno chiesto nel mese di ottobre e di novembre 2020 che il Ministero della Salute emani il protocollo Covid 19 amianto. Infatti, le fibre colpiscono prima di tutto i polmoni e la pleura, che sono organi bersaglio anche del virus. Per questo motivo è stato richiesto un protocollo specifico.

I servizi di assistenza legale dell’ONA

I lavoratori esposti a polvere e fibre di asbesto hanno diritto ai benefici contributivi. Nel dettaglio, si tratta di maggiorazioni previdenziali che permettono il prepensionamento, ovvero il collocamento in pensione anticipata. Mentre, per i lavoratori esposti, già collocati in pensione, è possibile richiedere presso INPS la rivalutazione della posizione previdenziale, con il coefficiente 1,5.

Nel caso in cui, nonostante i benefici contributivi, il lavoratore malato non riesca a conseguire il diritto a pensione, si può chiedere l’immediato pensionamento con la pensione inabilità amianto. Questa pensione è stabilita dall’ex art. 1 co. 250, 250-bis e 250-ter della L. n. 232/2016.

L’INAIL e il riconoscimento di malattia professionale

Nei casi in cui venga diagnosticata una malattia asbesto correlata, i medici hanno l’obbligo (art. 365 c.p.) di segnalare la questione all’INAIL (art. 139 del DPR 1124/65) e di redigere la prima certificazione di malattia professionale.

In questo modo si attiva la procedura amministrativa per il riconoscimento di malattia professionale. Con tale riconoscimento la vittima ha diritto alle seguenti prestazioni INAIL:

  • indennizzo del danno biologico per le vittime con un punteggio di invalidità che va dal 6 al 15%;
  • rendita per il danno biologico e quello delle diminuite capacità di lavoro per le vittime con un grado di invalidità superiore al 16%.

Malattia professionale da asbesto: le tre liste INAIL

Le patologie asbesto correlate riconosciute dall’INAIL sono divise in tre liste. Nella lista I sono inserite le patologie la cui origine professionale è di “elevata probabilità“. Le vittime di patologie comprese in questa lista sono assistite dalla presunzione legale di origine  e hanno quindi maggiori probabilità di ottenere il riconoscimento:

  • asbestosi polmonare (I.4.03);
  • placche pleuriche e ispessimenti pleurici (I.4.03);
  • mesotelioma pleurico (I.4.03), pericardico (I.6.03), peritoneale (I.6.03) e della tunica vaginale del testicolo (I.6.03);
  • tumore polmonare (I.4.03);
  • cancro della laringe (I.6.03);
  • tumore alle ovaie (I.6.03).

Mentre nella lista II l’INAIL ha inserito le malattie la cui “origine lavorativa è di limitata probabilità“, ma in questo caso non è prevista la presunzione legale d’origine:

  • tumore alla faringe (c10-c13);
  • cancro dello stomaco (c16);
  • neoplasia del colon retto (c18-c20).

In questi casi è la vittima a dover dimostrare il nesso causale per ottenere le prestazioni INAIL. La lista III, infine, comprende solo il tumore all’esofago, la cui origine lavorativa è ritenuta“possibile”.

La prestazione aggiuntiva del Fondo Vittime Amianto

Inoltre, l’INAIL eroga una prestazione in favore delle vittime di mesotelioma di origine ambientale. Si tratta del Fondo Vittime Amianto. La prestazione equivale a 10.000 euro e può essere richiesta con domanda amministrativa dall’interessato o dagli eredi in caso di decesso. Il Fondo Vittime Amianto è previsto anche per tutti coloro che hanno il diritto alla rendita INAIL.

Altre malattie amianto non inserite nella lista INAIL

L’amianto provoca anche altre neoplasie che al momento non sono considerate in modo universale asbesto correlate, tra cui una serie di tumori, che colpiscono diversi organi dell’organismo umano. Possono essere definiti tumori amianto le neoplasie che colpiscono i seguenti organi:

  • cervello;
  • colecisti;
  • neoplasie emolinfopoietiche;
  • laringe-lingua;
  • mammella;
  • pancreas;
  • prostata;
  • rene;
  • stomaco;
  • testicolo;
  • tiroide;
  • vagina-Vulva;
  • vescica.

Ci sono poi le malattie degenerative, malattie non tumorali eziologicamente riconducibili anche alla esposizione ai minerali di asbesto:

  • miocardiopatia;
  • morbo di Alzheimer e autismo;
  • Sclerosi Laterale Amiotrofica;
  • malattie del sistema nervoso centrale.

Riconoscimento status Vittime del dovere

Ci sono forme di tutela anche per coloro che hanno svolto servizio presso le Forze Armate o Comparto Sicurezza ed hanno contratto dei danni da esposizione a cancerogeni. Difatti, quest’ultimi possono richiedere il riconoscimento dello status di vittime del dovere.

Possono accedere al riconoscimento di vittima del dovere, coloro che hanno svolto servizio in particolari condizioni lavorative e attività. Tra queste troviamo:

  • danni subiti per contrasto ad ogni tipo di criminalità;
  • nello svolgimento del servizio di ordine pubblico;
  • nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
  • in operazioni di soccorso;
  • in attività di tutela della pubblica incolumità;
  • a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, carattere di ostilità.

La volontà del legislatore del 564 è stata quella di includere i casi di stress dovuti ad uno svolgimento del servizio in condizioni non ordinarie come correlate all’insorgere essenzialmente di patologie tumorali e collegato alla durata e “in occasione della missione” e in ambienti rischiosi per gli effetti sulla salute, con una occasionalità che si attaglia a qualsiasi situazione legata ad un fattore lesivo.

L’amianto, assieme all’uranio impoverito e le onde ionizzanti rappresenta uno dei fattori di rischio a cui sono stati maggiormente esposti i nostri militari nel corso delle loro attività di servizio.

Diritto al risarcimento danni da asbesto

Le vittime amianto hanno diritto al risarcimento del danno, secondo il principio dell’integrale ristoro (SS.UU. 26972/2008). L’INAIL indennizza solo il danno biologico e quello patrimoniale per diminuite capacità di lavoro. Mentre, per ottenere l’integrale ristoro dei danni, occorre dimostrare la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.

Il risarcimento integrale dei danni comprende i pregiudizi patrimoniali, ovvero il danno emergente lucro cessante, e i danni non patrimoniali, quindi danno biologicodanno morale danno esistenziale.

Per ottenere il  risarcimento danni è necessario dimostrare il nesso causale. Ciò accade perché spesso in sede giudiziaria i datori di lavoro negano l’avvenuta esposizione del lavoratore.

Il diritto al risarcimento danni sussiste anche per i familiari della vittima, in caso di decesso. Gli eredi possono agire per ottenere il risarcimento per i danni avuti personalmente (iure proprio) e per quelli subiti in seguito alla morte del congiunto (iure hereditario).

ONA e la lotta all’amianto: consulenza gratuita

L’ONA da anni è dalla parte delle vittime dell’amianto e le assiste sia dal punto di vista medico sia legale per tutelare i loro diritti. Per questo mette a disposizione un servizio di consulenza gratuita per guidare coloro che ne fanno richiesta nel complicato iter burocratico, che può essere richiesta chiamando il numero verde 800.034.294 o compilando il form.

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