Oltre all’amianto nei luoghi di lavoro spesso sono presenti altri agenti patogeni, cancerogeni, mutageni, responsabili di molti danni alla salute. Questa incresciosa situazione entra in contrasto con la cosiddetta prevenzione primaria.

Il principio di prevenzione primaria rileva l’obbligo di precauzione da agenti cancerogeni. Perciò dovrebbe limitare l’uso di materiali cancerogeni e bonificare quelli già messi in opera. Solo in questo modo si evita l’esposizione ad agenti cancerogeni e il rischio di neoplasie.

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Amiant0: tra i cancerogeni del terzo millennio

Negli anni 1930, sia in Italia che in Germania, alcuni studi dimostrarono gli effetti cancerogeni dell’amianto. Teorie che non possono essere messe in dubbio e tra questi studi troviamo anche “Mortality from lung cancer in asbestos workers” di Richard Doll.

Con la Legge 455/43, vennero alla luce le prime norme specifiche relative al riconoscimento delle malattie professionali. Tra le novità apportate dalla nuova normativa, troviamo l’indennizzazione dell’asbestosi come malattia di origine professionale. Successivamente, furono dettate altre linee guida specifiche attraverso la pubblicazione degli artt. 4, 19, 20 e 21 del D.P.R. 303/56 e con gli artt. 377 e 387 del D.P.R. 547/55.

L’amianto fu bandito in Italia nel 1992, con l’entrata in vigore della Legge 257 del 1992. Ha messo al bando l’uso e la commercializzazione dell’asbesto, in quanto uno degli agenti cancerogeni, ma non ne ha obbligato la bonifica. Per questa ragione a distanza di 30 anni, in Italia ci sono ancora 40 milioni di tonnellate di materiali in amianto da smaltire.

La denuncia dell’Avv. Ezio Bonanni, di questo incredibile paradosso è da approfondire con la lettura del “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia ed 2022“. All’interno della pubblicazione, sono riportati ben 6.000 decessi annui relativi alle patologie asbesto correlate. Una vera strage che non si ferma e di cui l’origine è confermata anche dalla Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. La IARC infatti ha reso noto, attraverso al pubblicazione della monografia la lesività delle fibre di amianto.

Gli altri cancerogeni oltre all’amianto

Il Prof. Giancarlo Ugazio, titolare della Cattedra di Patologia generale, presso l’Università di Torino, è uno degli scienziati che ha aderito all’Osservatorio Nazionale Amianto. Grazie al suo impegno, siamo riusciti a far emergere i rischi relativi all’amianto e agli altri agenti cancerogeni e patogeni secondo ogni tipo di soglia di esposizione.

Infatti, proprio il Prof. Ugazio ha permesso di rendere pubblici i dati sui rischi cancerogeni legati a tanti altri agenti. Le neoplasie spesso nascono anche a causa dal sinergismo tra più cancerogeni. Difatti, alcuni agenti cancerogeni e patogeni, assieme si trasformano in un cocktail mortale per i lavoratori esposti. Basta pensare all’amianto, che in sinergia al fumo da tabacco, equivale ad una condanna a morte. Ma i luoghi di lavoro non sono gli unici esposti a rischio cancerogeni. Anche nei luoghi di vita troviamo la presenza di alcuni cancerogeni, come per esempio nei cibi che ingeriamo o nell’acqua potabile.

I 4 gruppi di cancerogeni secondo IARC

Sempre secondo la IARC di Lione, le sostanze e agenti cancerogeni si classificano in 4 gruppi:

  • sufficienti evidenze di cancerogenicità (Gruppo 1);
  • limitate evidenze sugli esseri umani e sufficienti su quelle per animali (Gruppo 2A);
  • evidenze limitate sia su esseri umani sia su animali di laboratorio (Gruppo 2B);
  • prove insufficienti (Gruppo 3);
  • assenza di cancerogenicità (Gruppo 4).

Al mondo vi esistono 120 cancerogeni certi, 82 probabili e 302 possibili. Inoltre, ci sono 501 sostanze che per il momento destano sospetto ma non vengono classificate come cancerogene. Mentre nel Gruppo 4 c’è solo una sostanza e cioè il caprolactam, da cui deriva il nylon.

L’Avv. Ezio Bonanni ha evidenziato le criticità nell’operatività dello IARC. Le valutazioni degli agenti cancerogeni sono eseguite solo dopo la emissione in commercio dei prodotti e sostanze chimiche. In più quelle esaminate sono una minima parte. L’amianto ad esempio inizialmente è stato considerato possibile cancerogeno, determinando così una più larga diffusione dei prodotti Eternit. Un maggiore utilizzo dei materiali in amianto determina anche numerose esposizioni e quindi un aumento anche delle patologie asbesto correlate.

Tanto è vero che “Asbestos was considered by previous IARC Working Groups in 1972, 1976, and 1987. Since that time, new data have become available, these have been incorporated in the Monograph, and have been taken into consideration in the present evaluation”.

Circoscrivere le indagini a pochi cancerogeni è inconcludente visto che nel mercato esistono migliaia di molecole cliniche. Infatti, il Prof. Giancarlo Ugazio, ha dimostrato che queste molecole chimiche interagiscono con le cellule umane apportando delle modifiche. Danno così inizio al meccanismo di cancerogenesi.

Il Cloruro di Cadmio e i danni alla salute

Nel 1995, un gruppo di epidemiologi dell’università di Pechino ha condotto una ricerca sull’eziopatogenesi di un’epidemia di Itai-Itai disease (osteomalacia). Nel dettaglio, si trattava di un’intossicazione da cadmio che colpiva gli abitanti di villaggi situati dal lato di una riva di un fiume nella Dayu County della Cina continentale.

La ricerca ha avuto inizio repertando elevate concentrazioni di cloruro di cadmio nei campioni biologici dei soggetti intossicati. Il cadmio cloruro è stato scovato persino negli alimenti abituali della popolazione, nei terreni delle coltivazioni e infine nelle acque di scorrimento e negli scarti della lavorazione mineraria di rocce di tungsteno. A confermare i controlli di questa indagine sulla cadmio tossicità furono gli abitanti dei villaggi situati sulla riva opposta del fiume, sani ed indenni dalla intossicazione.

Cloruro di Vinile Monomero e Cloruro di Sodio

Il clorulo di vinile è frutto della sintesi industriale del cloro con il vinile. Quest’ultimo, a sua volta deriva dalla scissione elettrolitica del cloruro di sodio, prevalentemente il salgemma, situato in enormi giacimenti sotterranei, che va anche sotto il nome dioro bianco.

Il salgemma viene sciolto con acqua pompata sotto pressione per ottenere una soluzione più o meno satura, detta salamoia. L’operazione avviene attraverso condutture collegate alle celle elettrolitiche modello Castner-Kellner, situate nella lontana fabbrica di cloroalcali, un elettrodo delle quali è costituito da tonnellate di mercurio metallico (cioè liquido) per ciascuna cella.

Dal NaCl, il catione prende la via della produzione chimica della soda. L’anione, sotto forma di vapore, viene convogliato in appositi reattori dove avviene la sintesi col vinile e la formazione del Cloruro di Vinile Monomero.

L’ambiente dei giacimenti in via di sfruttamento industriale spesso è vittima di inquinamento da mercurio. Infine, lo sfruttamento di un giacimento e la subsidenza del soffitto della caverna, porta alla formazione di un corpo idrico (laghetto) di subsidenza.

Gli effetti dell’inquinamento da mercurio

Una parte del mercurio, una volta riscaldata, può fuoriuscire insieme con l’acqua di raffreddamento reflua dalla cella elettrolitica di Castner-Kellner. In questi casi la materia si sedimenta sui fondali marini sotto-costa prossimi ai canali effluenti dalla fabbrica.

La presenza del mercurio metallico nelle acque dei corpi idrici potrebbero derivare le stesse conseguenze negative per la conservazione della qualità dell’ambiente e della salute umana. Questi si manifestarono nella baia di Minamata negli anni 1950, magistralmente spiegate da Harada e da Eto.

Poi il Cloruro di Vinile Monomero è destinato alla polimerizzazione per la produzione del PVC. Ovvero, un diffusissimo materiale plastico. Tutte queste operazioni di polimerizzazione vengono eseguite in apposite fabbriche situate nei pressi di quelle che operano con le celle elettrolitiche. Quest’ultime però si basano su loro impianti specifici di stoccaggio, di trasporto e di sintesi. Possono provocare danni alla salute in conseguenza di eventuali avarie tecnologiche.

I rischi sono relativi alla fuoriuscita di agenti cancerogeni come aliquote del monomero (CVM) che, diffuso nell’aria, espone l’uomo all’aloalcano precursore allo stato gassoso.

Agenti cancerogeni: esposizione al piombo

Il piombo, ovvero il metallo saturnino, provoca numerosi danni alla salute come altri cancerogeni. Tra i danni più rilevanti di questo tipo di agenti cancerogeni troviamo quelli recati al sistema nervoso e alla capacità riproduttiva. Gli studi condotti dal Prof. Ugazio e dall’Avv. Bonanni dimostrano che persino la crisi demografica che coinvolse l’antica Roma è frutto dell’intossicazione da piombo.

Il piombo era presente nell’acqua potabile. Quindi sia Gilfillan nel 1965 che Nriagu nel 1983, hanno attribuito al saturnismo conseguente alle attitudini alimentari e agli stili di vita dei Romani la caduta dell’impero ai tempi di Eliogabalo.

Infatti, Musgrave e Garrod furono gli scienziati che stabilirono e documentarono il legame piombo-gotta, sia gli effetti neurotossici, causa della perdita di punti potenziali di quoziente di intelligenza, come è illustrato da Nriagu.

I disagi legati al piombo della Roma Imperiale

La Roma imperiale, prima del declino calcolava circa 1,5 milioni di presenze, successivamente la popolazione si ridusse a circa 40 mila. Questo spopolamento pone la riduzione ad un quarto della gente presente per ogni generazione, moltiplicata per diciotto volte quante furono le generazioni tra Cesare Augusto ed Eliogabalo.

Roma imperiale prima del declino erano calcolati in circa 1,5 milioni, furono poi ridotti a circa 40 mila, dopo la caduta dell’impero, nel totale della popolazione, con la scomparsa massiccia degli aristocratici. Gilfillan tra le cause di questo spopolamento, collegato direttamente o indirettamente col saturnismo, pone la riduzione ad un quarto della gente presente per ogni generazione, moltiplicata per diciotto volte quante furono le generazioni tra Cesare Augusto ed Eliogabalo.

Incredibilmente, già dai tempi dell’antica Grecia era emerso il legame tra la sterilità e l’intossicazione da piombo. Le donne dell’Antica Roma e dell’Antica Roma sono state maggiormente colpite dalle conseguente dell’intossicazione di piombo. Le donne che non divennero sterili ebbero comunque problemi di concepimento o nel corso delle gravidanze.

Agenti cancerogeni: conseguenze sulla salute della diossina

La diossina è un composto organico eterociclico con struttura simile ad un anello con quattro atomi di carbonio, insaturi, e due di ossigeno. La sua formula chimica è: C4H4O2.

I suoi isomeri di posizione sono:

  1.  1,4-diossina (CAS 290-67-5), il capostipite più stabile;
  2.  1,2-diossina (CAS 289-87-2), di caratteristiche dissimili, più instabile (strutturalmente è un endoperossido).

Sono stabili anche le relative forme deidrogenate (n,n’-diidro-n”,n”’-diossina) quindi compresa la 1,3-diossina, mentre l’idrogenazione di entrambi i doppi legami conduce al diossano. L’isomero 1,4 è un liquido incolore ed estremamente infiammabile, come quasi tutti gli eteri, il composto si può intendere come l’etere ciclico dell’alcool bifunzionale etendiolo (HO-CH=CH-OH) o eten-1,2-diolo, (CAS 1571-60-4, in equilibriocheto-enolico con la sua forma carbonilica).

Attualmente la diossina si ritrova sintetizzata tramite una reazione di Diels-Alder, reazione di cicloaddizione. Pur originando come classe di composti chimici dalle molecole, le diossine hanno caratteristiche dissimili. Nel dettaglio, si tratta di composti con un alto peso molecolare. La TCDD, rappresentativa per antonomasia, ha un peso molecolare quasi quattro volte superiore. Sono sostanze alogenate, spesso plurialogenate, termostabili fin ad alte temperature, poco volatili.

Inoltre, sono agenti cancerogeni o promotrici della cancerogenicità, tossiche, persistenti, non facilmente biodegradabili, particolarmente accumulabili nella catena alimentare, e con lunghissima emivita negli organismi coinvolti.

La tossicità è di tipo non lineare, proprio perché la miscela di diossino-simili coinvolta ha effetti poco prevedibili e potenzialmente sinergici. Il motivo di tutti questi rischi risiede nella molteplicità dei meccanismi tossici implicati.

Reazioni di ossidazione come quelle che avvengono in inceneritori, acciaierie di seconda fusione, forni alimentati con combustibile ambientalmente inadatto, (esemplificativamente rifiuti urbani in sé non pericolosi contenenti plastiche clorurate come il PVC alimentanti forni di cementificio), e in altri processi di combustione civile ed industriale, sono i principali produttori di diossine.

Esposizione a cromo metallico e danni alla salute

Il cromo è l’elemento chimico di numero atomico 24 e il suo simbolo è Cr. Il cromo metallico e i composti del cromo trivalente non sempre vengono considerati pericolosi per la salute, ma i composti del cromo esavalente, quindi i cromati e i bicromati sono molto tossici.

La maggior parte dei composti del cromo esavalente provocano irritazione agli occhi, alla pelle e sono pericolosi anche per le mucose. Un’esposizione cronica ad essi può causare anche danni permanenti alla vista.

Mentre l’ingestione di liquidi contenenti cromo provoca gravi gastroenteriti che comportano a loro volta nausea, dolori addominali, vomito e diarrea. Una conseguenza dell’assunzione accidentale di cromo potrebbe determinare anche un danno epatico, renale e necrosi tubulare acuta con sviluppo di insufficienza renale acuta molto grave che potrebbe portare anche al decesso.

Altre possibili conseguenze dell’intossicazione da cromo possono essere: congiutivi e cheratocongiuntiviti croniche, dermatiti irritative, ulcerazioni a carico di avambracci, mani e piedi, laringite cronica, bronchite, asma epatopatie e disturbi a carico del tratto gastrointestinale, e infine rinite ulcerativa con possibile perforazione del setto nasale.

Alluminio e danni alla salute come l’Alzheimer

L’alluminio in forma pura si presenta in polvere ed è un combustibile facilmente infiammabile. L’alluminio è un materiale particolarmente reattivo all’acqua, soprattutto nei confronti di ossidanti forti, basi e acidi forti. Inoltre, l’alluminio reagisce anche con gli alcolici e con gli alogenuri alchilici formando composti metallo-organici.

La comunità scientifica considera l’alluminio non pericoloso per la salute umana poiché difficilmente viene assimilato dal tratto gastrointestinale e nel caso, viene espulso tramite funzione renale. Tuttavia, non si esclude la possibilità che dopo una lunga esposizione le polveri di alluminio rechino danni alle vie respiratorie.

Anche se bassa, esiste una percentuale della popolazione che è allergica all’alluminio. Questi individui sviluppano dermatiti, problemi gastrointestinali e incapacità di assorbire le sostanze nutritive se il cibo viene cotto in pentole d’alluminio.

L’alluminio è quindi tossico come i metalli pesanti nei casi in cui l’organismo non sia in grado di espellerlo. Per questo motivo molte persone che non sono riuscite a smaltire l’alluminio ingerito, hanno poi sviluppato gravi malattie renali.

Alcuni studi scientifici però testimoniano che un’esposizione duratura a polvere di alluminio, determini l’insorgenza di malattie neurodegenerative come per esempio l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e la SLA.

Altri effetti di una intossicazione da alluminio possono essere: perdita della memoria, tremore e decadimento fisico. Eppure la comunità scientifica non ha ancora confermato pienamente la validità di questi studi.

È stato provato che molti casi di intossicazione da alluminio sono stati causati dall’utilizzo di farmaci antiacidi e antidiarroici a base di idrossido di alluminio. Infine, un’altra fonte di contaminazione da alluminio è rappresentata dalla somministrazione di vaccini nei quali speso è presente come eccipiente e conservante.

Esposizione patogena e insorgenza malattia

Occorre confrontare due diversi approcci di latenza tra l’esposizione patogena e l’insorgenza della malattia in un essere umano esposto al mercurio, al metilmercurio e al Cloruro di Vinile Monomero.

Nel primo caso la latenza dura quanto una gravidanza, quindi circa nove mesi. Mentre nel secondo, possono trascorrere anche venti anni. Diverso è il discorso per la sindrome congenita di Minamata, contro la quale anche i medici hanno avuto un atteggiamento scettico.

All’inizio degli anni 1950, in una regione del Giappone affacciata sulla baia di Minamata si verificò una diffusa morbilità tra la popolazione locale, a causa del consumo di pescato marino. Le acque della zona, risultavano pericolosamente contaminate da mercurio sversato dalla Chisso Co.

Particolarmente suscettibili furono i neonati partoriti da madri che avevano consumato carne di pesce durante la gravidanza. Alla luce di tali evidenze, due scienziati furono particolarmente attivi ed acuti nelle ricerche dell’eziopatogenesi della sindrome di Minamata.

Ricerca su metilmercurio nelle acque

Harada ed Eto documentarono e confermarono che la causa di questa affezione era legata proprio alla presenza del metilmercurio nelle acque. Si deve quindi ad Eto la puntuale descrizione biomedica della malattia di Minamata. Mentre Harada compilò la seguente allocuzione “Lezioni per il mondo”: “L’unico modo con cui le vittime di Minamata possono essere ripagate completamente per le sofferenze è che gli altri possano trarre beneficio dalla lezione appresa”.

Le popolazioni di Minamata, di Niigata, dell’Iraq e del Nuovo Messico, sono state vittime del progresso dei nostri tempi. Mentre gli abitanti dell’Amazzonia, in Brasile, vivono con il timore di contrarre lo stesso destino. Il problema dei Paesi in via di sviluppo è che tendono a promuovere un progresso economico di breve durata, a spese però della salute umana. Le gravi conseguenze a carico dell’ambiente e della salute dell’uomo, potrebbero essere evitate solo attraverso misure di controllo più efficaci.

L’esposizione ad agenti eziologici e cancerogeni

Alcuni agenti eziologici sono presenti già in natura, in concentrazioni esigue nella crosta terrestre o nei vegetali. Inoltre, alcuni di essi si trovano anche nelle derrate alimentari animali. Mentre altri inquinanti sono di origine antropica e vengono usati nel settore agricolo e nella zootecnica.

Le esposizioni a molti di questi agenti eziologici è definita anche subdola perché nella stramaggioranza dei casi avvengono senza manifestarsi. Per giunta, l’esposizione duratura determina l’accumulo di sostanze nocive nel nostro organismo che non sempre vengono smaltite. Nel corso del tempo l’uomo subisce esposizione a numerosi cancerogeni che sommati alle sostanze che si sono depositate nel nostro organismo, determinano l’inizio del processo neoplastico.

Ma in che modo i veleni ambientali entrano in contatto con l’uomo? Gli agenti cancerogeni vengono assorbiti attraverso:

  • contatto con la pelle;
  • la respirazione;
  • ingestione.

Metabolismo, induzione enzimatica e potenziamento

Gli agenti cancerogeni e inquinanti, venuti a contatto con l’organismo, subiscono trasformazioni metaboliche ad opera di peculiari strutture del nostro corpo. Occorre precisare che non tutti i prodotti del metabolismo sono innocui. Anzi, alcuni sono molto più tossici dei composti inquinanti originali.

Questo è il caso dei radicali liberi. Essi derivano dalla trasformazione di alcuni alogenocomposti largamente diffusi. Analogamente molti cancerogeni entrano nell’organismo in qualità di precursori. Quando poi le funzioni metaboliche risultano indotte da trattamenti o esposizioni parallele, sonniferi, molecole antidolorifiche, alcool etilico, il rendimento della trasformazione del precursore in composto patogeno è fortemente esaltato.

Siamo di fronte al cosiddetto potenziamento tossicologico, un fenomeno della natura apparentemente paradossale, di tipo autolesionistico, ma che comporta inevitabilmente danni più gravi di quelli attesi comunemente per la maggior parte degli individui. Va da sé che essi debbano essere conosciuti e prevenuti dal sanitario. Per esempio chi regge bene l’alcool delle bevande affronta più severi rischi da parte di cancerogeni quali il benzene, il tetracloruro di carbonio e altri.

Erroneità del concetto di soglia limite

Quanto qui evidenziato dimostra l’erroneità dei limiti di legge, in particolare quelli di cui all’art. 254 del D.L.vo 81/2008, che riguardano l’amianto. Infatti, risulta incredibile apprendere che non c’è una soglia al di sotto della quale il rischio si annulla, e poi stabilire questa soglia (100 ff/l).

Con un equilibrismo, il limite di soglia è considerato di maggiore allarme, che presupporrebbe più elevate cautele. Poi l’equivoco dell’art. 251 del D.L.vo 81/2008 della riduzione al minimo, concetto generico, e di difficile applicazione concreta. Una stravaganza del Legislatore, più un concetto filosofico che tecnico giuridico, e biomedico, in contrasto con il dato scientifico della capacità lesiva di tutte le esposizioni.

L’ONA contesta il limite di legge. Infatti il M.A.C. (maximum allowed concetration) del tetracloruro di carbonio, sancito dagli organismi internazionali regolatori della qualità dell’ambiente, risulta privo di significato perché non dà alcuna protezione a chi assume contemporaneamente barbiturici e/o alcolici.

Il potenziamento tossicologico di tutti gli agenti nocivi

Oltre al potenziamento tossicologico è utile per la salute pubblica che il medico conosca gli effetti di sommazione dell’azione lesiva di molti inquinanti ambientali. Per esempio, essere esposti contemporaneamente a più  agenti neurotossici, quali l’alluminio + mercurio + piombo, ciascuno a dosi o concentrazioni subliminali può portare ad un’inattesa (quanto prevedibile) neuropatia.

La metafora della nostra esistenza può essere sintetizzata con quel San Sebastiano che, secondo la martirologia cristiana, è stato trafitto da una moltitudine di frecce di cui solo l’ultima, sommata alle altre, è stata mortale.

Ma non sono soltanto questi i profili di rischio che coinvolgono l’essere umano, e anche a voler sorvolare su quanto prima richiamato, altre attività umane occasionalmente possono provocare seri danni alla salute di cittadini ignari implicati nelle situazioni di rischio.

È questo il caso delle leucemie che in questi ultimi tempi hanno portato a morte militari reduci, loro malgrado, dalle operazioni belliche svolte in funzione di tutela della pace (peacekeeping). La scienza ufficiale testimonia che questa gravissima malattia del sangue insorge a seguito di un lungo periodo di latenza (10-12 anni) dopo un’esposizione prolungata a leucemogeni quali il benzene, usuale componente della benzina verde.

È noto anche che tale composto chimico subisce trasformazioni metaboliche nell’organismo, producendo benzene-epossido. Questo è il composto responsabile della noxa leucemogena per il midollo osseo e, nello stesso tempo, il precursore di alcuni derivati che circolano nel sangue e poi vengono eliminati con l’urina a testimonianza dell’avvenuta esposizione.

Agenti cancerogeni: la strage dei militari

uranio impoverito

Il caso paradigmatico e lampante è costituito dai dati anamnestici raccolti sul militare italiano deceduto per leucemia a Pavia, che ha svolto in Kosovo un’attività di armiere, una mansione che consiste nella pulizia di circa 30 fucili al giorno, con l’impiego di circa un litro di benzene per ciascuno.

Tutto in ambiente indoor, angusto, senza adeguata protezione, né ricambio d’aria. Una vera camera a gas. Se si tiene conto che tale microclima può aver prodotto una carenza di benessere nel cittadino non ancora paziente.  Non si può escludere che anche il sanitario in ambito militare, abbia somministrato all’interessato tranquillanti tanto diffusi, responsabili dell’induzione enzimatica.

Per questi motivi avviene un potenziamento tossicologico in entrambe le situazioni: militare e civile. Poi, sia sui civili locali, non profughi alle operazioni belliche, sia sui militari, può essersi verificata quella inevitabile esposizione per via inalatoria alle polveri di uranio impoverito che, radioattivo in modo non trascurabile, è cancerogeno per i soggetti colpiti.

I militari che subiscono danni alla salute nell’esercizio delle proprie funzioni devono richiedere il riconoscimento dello status di vittime del dovere.

Prevenzione primaria, secondaria e terziaria

Concludendo la considerazione sugli aspetti sanitari di questi dati di fatto ambientali e biologici, non c’è da meravigliarsi se soggetti giovani abbiano dovuto soccombere in tempi così brevi  (2-3 anni, anziché 10-12 secondo l’attesa della medicina ufficiale).

Un altro aspetto intrigante e particolarmente pericoloso della nocività degli inquinanti ambientali è costituito dal fatto che essi, tranne qualche rara eccezione (come il cianuro sversato nel Danubio o diffuso nelle camere a gas) non hanno mai premura. Infatti i danni che essi producono a basse concentrazioni, istante per istante, devono sommarsi nel tempo fino a superare il cosiddetto orizzonte clinico. A questo punto, la comparsa del primo malanno fa correre il paziente – un cittadino che si scopre problemi di salute – a cercare aiuto nel medico, generalmente quel sacerdote del monstruum del sistema sanitario.

Le ultime vicende di cronaca possono autorizzare a pensare che non tutti i sanitari si preoccupino esclusivamente della salute umana. Infatti, alcuni di loro hanno tante altre cose urgenti da fare, e, specialmente in ordine alle conseguenze dell’inquinamento ambientale, preferiscono delegare a quel prezioso ed insostituibile surrogato che è il volontariato.

L’approccio diagnostico ai danni ambientali

É la raccolta dalla viva voce del paziente o dei suoi familiari di tutte quelle informazioni, notizie, e sensazioni che possono aiutare il medico a indirizzarsi verso la diagnosi esatta.

È noto tra i medici il detto: “Anamnesi, mezza diagnosi”. Insieme con l’esame obbiettivo del paziente, l’anamnesi è di fondamentale ausilio nella formulazione della diagnosi perchè ricostruisce le modalità di insorgenza e il decorso della patologia in atto, investigando infine sulle possibili inclinazioni genetiche (predisposizione) legate al gruppo familiare verso l’insorgenza di determinati tipi di malattie.

In questo senso l’anamnesi è anche utile per l’avvio di programmi di sorveglianza di soggetti a rischio ancora sani.

Studio delle possibili fonti di veleni

Tra le informazioni raccolte dal paziente devono trovare posto, nell’anamnesi sopradetta, la durata cumulativa della residenza in prossimità  di giacimenti o di miniere di minerali, o di metalli pesanti, tenendo conto, quanto a durata cumulativa di eventuale esposizione, la sommatoria degli effetti patogeni  di ciascun possibile veleno, secondo il concetto di “accumulo e di sinergismo”.

Tali notizie devono essere integrate con i dati sugli stili di vita, alimentari, voluttuari, medicamentosi, perchè questi ultimi potrebbero spiegare certe patologie in termini di “potenziamento”. Poi, la residenza abituale accanto a un determinato giacimento minerario ha generalmente grande importanza ma non è sempre una  notizia assoluta.

Per esempio aver abitato a lungo in zone geografiche presso le quali la ricerca scientifica ci ha segnalato la presenza di severa contaminazione da piombo dei gusci di molluschi marini bivalvi è molto meno importante, dal punto di vista patogenetico del saturnismo, rispetto alle generazioni di neonati o infanti trattati con preparati farmaceutici “naturali”, fatti con farina di gusci di mollusci, contenenti concentrazioni imprecisate di piombo, indesiderabili, in aggiunta al calcio impiegato per favorire la calcificazione dello scheletro.

I rischi per chi vive vicino agli insediamenti produttivi

Piuttosto, è molto significativa la vicinanza della residenza di cittadini comuni ad opifici attivi nella lavorazione di minerali metalliferi. Il caso pubblicato da Cai (1995), come riferito nella sessione storica del presente capitolo si è interessato di una vicinanza sui generis del cadmio con l’uomo bersaglio.

Infatti, il Cd scartato da un fabbrica “insediamento produttivo” di lavorazione di roccia contenente tungsteno, perchè poco remunerativo, fu immesso nelle acque di scorrimento di corpi idrici della Cina continentale, impiegate per l’irrigazione di risaie e di piantagioni di ortaggi e di tabacco, percorse in breve le distanze geografiche dalle fabbriche intermedie alla bocca ed all’organismo di quei soggetti che poi sperimentarono le gravi sintomatologie dell’osteomalacia.

Insediamenti produttivi e discariche

Anche una discarica di scarti della vita produttiva di una collettività, è una raccolta a cielo aperto di lunga durata, anche millenaria a seconda dei composti immessi, ed è paragonabile ad un insediamento produttivo, come significano i dati di embriotossicità pubblicati da Dolk (1998).

Analoga importanza ambientale della discarica, sotto il profilo teleologico, rivestono altri due tipi perversi di smaltimento a breve dei rifiuti: l’inceneritore e il cosiddetto termovalorizzatore, resi necessari dalla carenza-assenza della raccolta differenziata e del riciclaggio produttivo degli scarti in questione, condannati ad essere rifiuti e quindi eliminati.

L’importanza della vicinanza degli insediamenti abitativi con quelli produttivi sensu lato diviene poi drammatica, sotto il profilo di potenziale patogeno, negli agglomerati urbani, e proprio in queste circostanze ha valore la possibilità di prevenzione primaria, nella sorveglianza dei soggetti a rischio, come detto a proposito dell’anamnesi.

Vie di ingresso dei veleni ambientali nell’organismo

Sono state considerate in precedenza diverse modalità con cui i veleni ambientali possono entrare nell’organismo, soprattutto per inalazione, o per ingestione, con bevande o cibi. Una particolare variazione dell’apparato respiratorio quale via di ingresso è costituita dalla mucosa olfattiva situata nella cavità nasali, seguita al primo paio dei nervi endocranici, l’olfattivo.

Questa catena strutturale-funzionalie può fornire una singolare linea di trasporto di veleni ambientali, lipo- oppure idro-solubili, che si vedono localizzati all’interno delle strutture dell’encefalo. Per esempio, si tratta del manganese, inalato come prodotto di pirolisi sia in ambiente lavorativo che extralavorativo, partecipe alla patogenesi del morbo di Parkinson.

Indicatori biologici di rischio, occupazionale e di vita

Le stesse sostanze, gli stessi composti possono incontrare l’uomo sia nell’ambiente di vita, sia in quello di lavoro. Questa diversificazione di circostanze non comporta necessariamente una differenza di potenziale patogeno. In entrambi i casi essi possono essere materie prime, prodotti intermedi o finali, composti derivati o scarti di produzione tal quali.

Infatti, sotto ciascuna di queste forme, sono in grado di venire in contatto con l’uomo sia nel momento della produzione, sia dell’uso, sia ancora nella tappa terminale dello smaltimento dei rifiuti – catalogati comuni o tossici – nelle pubbliche discariche più o meno autorizzate e più o meno controllate.

Un esempio pratico può dare migliore chiarezza delle similitudine degli effetti tossiciprovocati dal medesimo composto nelle due differenti circostanze di esposizione: quella occupazionale e quella dell’ambiente di vita.

Può essere menzionata a questo proposito la naftalina cancerogena, un tarmicida, che esseri umani producono, immagazzinano e smerciano attuando le loro mansioni lavorative, nell’ambito della prima circostanza.

La naftalina nei luoghi di vita e di lavoro

Si spera che siano applicate sempre le norme di sicurezza degli ambienti di lavoro, come prescritto dal D.Lgs. 81 del 2008 per contenere o evitare il rischio, poi si può prevedere che il prestatore d’opera possa essere esposto a quella sola molecola per volta.

Dopo, la stessa molecola può venire acquistata e usata quale tarmicida da una casalinga che, nel disporre in primavera gli indumenti di lana o le pellicce suoi o dei familiari, cibo prediletto dalle tarme, negli appositi contenitori in presenza dell’insetticida per proteggerli contro il famelico lepidottero, o nell’estrarli in autunno perchè siano infine indossati a protezione dal freddo, corre il rischio concreto di inalare dosi di naftalina cancerogena di un certa entità.

A questo punto, sia la casalinga operatrice nelle mansioni suddette, sia lei stessa sia i familiari, quando indossano il capo di vestiario protetto e saturato con vapori di naftalina cancerogena, generalmente sono esposti ai vapori del tarmicida nell’aria inalata.

Come reagisce il nostro organismo alla naftalina

Questo composto entra nel circolo ematico, passa attraverso il fegato dove i microsomi degli epatociti lo trasformano in un primo metabolita (naftalene di-idrodiolo), questo passa attraverso il cuore, il polmone nel piccolo circolo, di nuovo il cuore, per arrivare alla lente cristallina dell’occhio.

Qui trova gli enzimi che lo trasformano nel metabolita epossidico (naftalene epossido), il responsabile della denaturazione delle molecole proteiche native della struttura oculare, le quali si denaturano, diventano opache e non più trasparenti alle immagini, fenomeno di base della cataratta.

A differenza dell’ambiente di lavoro che è tutelato da apposite norme e in cui l’essere umano incontra un sola molecola per volta, nell’ambiente di vita casalinga e familiari possono incontrare più di una molecola o fattore catarattogeno, tipo il glutamato usato per insaporire i cibi, o il glucosio in una iperglicemia diabetica, oppure ancora radiazioni UV o radiazioni X, per stimolare la melanogenesi che sta alla base dell’abbronzatura cutanea usate a scopo diagnostico o terapeutico, rispettivamente.

Nelle circostanze dell’ambiente di vita, un paziente può andare incontro alle situazioni di accumulo, sinergismo, e potenziamento che sono state considerate in precedenza. I rapporti tra la cataratta spontanea della senescenza e quella accelerata da sinergismo che colpisce nelle età presenili, ancora produttive, sono stati descritti da Ugazio (2007).

Indicatori biologici di esposizione a cancerogeni

Le vie di ingresso percorse dai veleni ambientali, apparato respiratorio, tubo gastroenterico, cute, vie parenterali, possono influenzare la velocità di transito verso quel compartimento circolatorio ematico, arterioso o venoso, oppure linfatico, che nel suo complesso è la principale via di distribuzione verso tutti i distretti dell’organismo, annessi cutanei compresi (quale l’apparato pilifero).

La fisiologia insegna che entro circa mezzo minuto dall’ingresso di un composto esogeno nel circolo sanguigno esso possa esser redistribuito dovunque nel compartimento ematico, fatto importante è poi che ben presto può affacciarsi anche alle strutture che costituiscono le vie di uscita.

Infatti, a valle di tutto questo complesso di redistribuzione di normali metaboliti, di veleni ambientali e dei loro derivati è situato il complesso sistema deputato all’escrezione degli stessi composti in causa.

Si tratta di: emuntorio renaleghiandole sudoripareghiandole sebaceeapparato epatocitario secernente la bile, oltre allo stesso apparato pilifero in generale e della capigliatura in particolare, preziosa testimonianza di esposizione ai veleni ambientali.

Il ruolo delle ghiandole nella diffusione dei veleni

Partecipano a questa attività secretiva, anche se in misura meno significativa per entità e soprattutto ai fini del rilevamento di indicatori biologici di esposizione, sia il pancreas sia le ghiandole secretive dell’apparato gastroenterico.

Tra la via di ingresso specifica e il compartimento ematico di redistribuzione, e poi tra questo stesso e le vie di emunzione, è in genere collocata una barriera strutturale fatta dall’epitelio di una mucosa insieme con un endotelio capillare, dalla cui funzionalità dipende la velocità di transito e la comparsa dell’agente patogeno.

Tempi di latenza e diffusione dei veleni ambientali

L’insieme di tutte queste funzioni spiega come e quanto rapidamente si diffonde un veleno ambientale, reperibile fino a poco tempo prima nell’aria inalata, nell’acqua o nelle bevande ingerite, nei cibi consumati.

È intuitivo che non si possa assistere ad un afflusso indiscriminato e contemporaneo dei veleni esogeni in tutti questi distretti, soprattutto perchè le barriere strutturali e funzionali citate sono diverse da caso a caso, poi si potrebbe verificare la compresenza di più veleni ambientali, con possibili competizione nel transito, con ritardi sui tempi di comparsa attesi, eventualmente complicato anche nel caso di alterazioni strutturali e funzionali delle barriere sopradette, tipo edema o affezioni infiammatorie.

Cosicchè, per esempio, la comparsa di piombemia, pressochè immediata, e di piomburia, con una lieve latenza rispetto alla prima, sono inequivocabili indicatori biologici di esposizione al metallo pesante saturnino. Più tardi, il piombo può comparire anche in altri distretti della secrezione, e possiede lo stesso significato quale indicazione biologica di esposizione. Altri metalli pesanti patogeni per l’organismo hanno comportamenti peculiari di distribuzione.

Si tratta per esempio del mercurio e di un suo complesso organico, il metilmercurio, regolarmente reperibili dopo un pò di tempo, negli annessi cutanei, quali le unghie e la capigliatura. Va detto che la comparsa dell’Hg in queste strutture non avvieme immediatamente dopo l’ingresso dell’agente patogeno dall’esterno, ma richiede il periodo di latenza dovuto al transito attraverso la radice dell’unghia e del bulbo pilifero, rispettivamente.

Metilmercurio: conseguenze sull’organismo umano

Il metilmercurio procede inesorabilmente in entrambe questi annessi cutanei, secondo velocità prevedibili e calcolabili, con un cammino interrotto solo dal taglio dell’unghia o del capello.

Anche in questo caso, la presenza di Hg nell’unghia e nel capello non solo costituisce fenomeno di indicazione biologica di esposizione, ma può avere valore, tenuto conto della velocità di progressione in condizioni funzionali standard, come importante testimonianza del momento di ingresso del veleno nell’organismo.

Questo modello sperimentale, riferito ad una scienziata esposta a MeHg e deceduta 298 giorni dopo è stato descritto da Ugazio che ha ripreso i dati dalla letteratura (Metabolism and possible health effects of aluminum).

È doveroso rammentare che questo grande valore del mineralogramma Hg del capello può essere annullato se il sanitario opera in modo non corretto (colposo o doloso che sia): se preleva la punta del capello subito dopo l’esposizione, avrà un falso negativo, e altrettanto produrrà un risultato altrettanto inutile se preleverà la base del capello prossima al bulbo tanto tempo dopo l’esposizione, in un momento in cui la velocità di progressione dell’Hg nello stelo del pelo farà prevedere un altro falso negativo.

Un altro metallo pesante patogeno per l’uomo, il cadmio responsabile dell’osteomalacia, è reperibile in campioni biologici che possono essere prelevati in modo non invasivo, urina, unghie, e capello, quali indicatori biologici di esposizione, come dimostrato anche dai dati di Cai et al 1995.

Indicatori biologici di danno alla salute

Dopo l’ingresso degli agenti patogeni nell’organismo, il soggetto esposto, divenuto di fatto un paziente può superare il cosiddetto orizzonte clinico avvertendo i primi sintomi che lo disturbano e lo spingono a chiedere aiuto al sanitario.

Apparentemente, ogni veleno ambientale manifesta un suo tropismo specifico, tanto che in gergo medico si dice usualmente che un veleno ambientale è epatotossico, neurotossico, nefrotossico, embriotossico, teratogeno e così via.

Però si deve ammettere che a ciascun composto nocivo può essere attribuita prevalentemente un’azione patogena per un determinato tessuto-organo,ma ciò non esclude la presenza di effetti collaterali minori su bersagli diversi, talora decisamente pre-clinici e quindi non rilevati facilmente.

Diffusione dei veleni attraverso il comparto ematico

La distribuzione dei veleni in transito nel compartimento ematico tra i tessuti bersaglio è prevalentemente casuale, anche se il loro tropismo specifico dipende dalla liposolubilità o dal suo contrario.

Ad esempio, già in circolo l’etanolo trova nei chilomicroni che derivano dall’assorbimento intestinale dei cibi grassi digeriti uno specifico veicolo di trasporto, ed è infine destinato ad orientarsi verso il tessuto adiposo, dove può rimanere in deposito, oppure verso le cellule epatiche dove incontra sistemi enzimatici che lo metabolizzano.

Il DDT e le diossine percorrono le stesse tappe dell’EtOH come di molti altri composti esogeni liposolubili, e hanno la possibilità di immagazzinarsi a lungo e in modo tenace nell’adipe dell’organismo.

I composti esogeni di tipo volatile (VOC)

Una miriade di altri composti esogeni del tipo volatile (VOC) possono localizzarsi negli adipociti suddetti e liberarsi da essi dopo un breve lasso di tempo.

Per esempio, le molecole di tricloroetilene o di cloroformio, inalate ed entrate in circolo, vengono veicolate dalle lipoproteine di densità bassa o molto bassa, oltre che dai chilomicroni nel periodo post-prandiale, si legano ai gliceridi degli adipociti per poi liberarsi entro breve tempo da essi ripercorrendo a ritroso lo stesso percorso dell’andata: chi lavora in una lavanderia a secco, di giorno accumula il TCE o il cloroformio, alla sera esala le stesse molecole con l’aria respiratoria. Alla fine, tali alogenocomposti possono essere assunti dai vicini di tavola o di famiglia.

L’unica differenza nel bilancio metabolico di questi sgrassanti volatili sta nella frazione che il lavoratore ha metabolizzato negli epatociti, per cui eventualmente è andato incontro ad uno squilibrio della bilancia perossidativa a livello dei suoi parenchimi impegnati in queste attività metaboliche.

Le conseguenze dell’esposizione a cancerogeni

Nel caso in cui si trattasse di un solvente alogenato con bassa energia di attivazione, come potrebbe essere il tetracloruro di carbonio, potente solvente ed estintore di incendio, avremmo gravi conseguenze a livello molecolare, ultrastrutturale, e tessutale.

Conseguenze provocate dalla formazione di radicali liberi dal CCl4 (C°Cl3) e la conseguente perossidazione degli acidi grassi insaturi strutturali. Le lesioni epatiche sono le più gravi, perchè passano attraverso la steatosi,  la necrosi e, alla lunga, sfociano nella cirrosi del fegato, organo di notevoli dimensioni e di cospicuecapacità metaboliche.

Metalli pesanti e altri veleni ambientali

effetti metalli pesanti

Altri importanti veleni ambientali sono i metalli pesanti, prevalentemente allo stato cationico ed idrosolubili. Un esempio importante è costituito dal piombo, il quale si può localizzare in molti distretti e tessuti bersaglio dove esprime i suoi effetti nocivi.

Per questo metallo pesante, la concentrazione ematica non rappresenta solo un indicatore biologico di esposizione, ma è anche un parametro della gravità dell’intossicazione a spese degli apparati relativi: renale, riproduttivo, cardiocircolatorio, nervoso centrale e periferico, scheletrico. La corrispondenza tra la piombemia, da un lato, e nefropatia, infertilità, ipertensione, neurotossicità, osteoporosi, dall’altro, è stata illustrata da Ugazio.

A proposito della localizzazione tessutale del piombo, si deve ricordare l’importante funzione di accumulo svolta dal tessuto osseo in cui il metallo saturnino si lega come sale di fosfato e di carbonato al posto dello ione calcio. In questa sede, fosfato e carbonato di piombo conferiscono alla struttura ossea le medesime prerogative statiche del fosfato e del carbonato di calcio.

Però l’aspetto critico è dato dal fatto che il metallo saturnino svolge un’attività inibitoria delle funzioni degli osteoblasti (formatori di nuovo osso) combinata con un’attività stimolatoria degli osteoclasti (che degradano l’osso): da tutto ciò discende l’erosione dell’osso che sostanzia l’osteoporosi, contro cui sono inefficaci sia l’attività fisica in palestra, in funzione preventiva, sia l’apporto di calcio, in funzione terapeutica, per di più se interviene a spese dell’erario solo dopo la prima frattura ossea.

Gli effetti del progresso industriale globale

Un altro aspetto preoccupante della lunga presenza di piombo nell’osso, secondo Rabinowitz il t1/2  del Pb nell’ossopotrebbe arrivare anche a 20 anni. Bogden ha segnalato che, da quando il progresso industriale ha fatto ricorso alla benzina verde con benzene, la concentrazione del piombo nell’ambiente è diminuita in modo drammatico, sostitutiva di quella etilata, contenente piombo tetraetile come antidetonante. Però il contenuto del metallo saturnino nel tessuto osseo nei contemporanei è di due-tre ordini di grandezza superiore (100-1000 volte) rispetto a quello dei nostri antenati, Greci e Romani compresi, quegli artigiani privi di qualsiasi norma specifica di protezione, che diffusero tanto piombo da inquinare i ghiacci della Groenlandia.

Agenti cancerogeni: piombo e danni sulle ossa

Inoltre, la presenza di concentrazioni apprezzabili di piombo nell’osso costituisce un potenziale rischio teratologico,organico e comportamentale. Infatti, nelle primissime fasi dello sviluppo dell’embrione, è localizzata quella finestra di sensibilità dell’abbozzo del sistema nervoso, il primitivo canale neurale, all’azione neurotossica del piombo.

Se aliquote anche modeste del veleno saturnino si accompagnassero al calcio liberato dallo scheletro materno, si potrebbero dirigere verso le cellule situate a livello dei forami, craniale e caudale, del tubo neurale primitivo, bloccandone la proliferazione ed impedendo la formazione dell’encefalo, e del cranio, o della coda equina.

Nel primo caso si produrrebbe l’anencefalia, nel secondo la spina bifida. Nel caso in cui molecole di piombo lasciassero lo scheletro della madre, per arrivare al feto in tappe più avanzate di sviluppo, avremmo manifestazioni neurotossiche di tipo prevalentemente funzionale. Invece delle terribili malformazioni organiche, anencefalia e spina bifida, si manifesterebbero alterazioni di tipo teratologico-comportamentale.

Si tratterebbe dell’ADHD (attention deficiency and hyperactivity disorder) sinonimo della caratterialità giovanile che, secondo Mannuzza, potrebbe sfociare nell’adulto in comportamenti antisociali, talora delinquenziali, e di carenze prestazionali nelle mansioni lavorative proprie della perdita di punti potenziali di quoziente di intelligenza.

Approccio normativo: regolamento ed applicativo delle leggi

Nel 1987, fu tenuto a Torino il 6° Convegno Nazionale sulla Patologia da Tossici Ambientali ed Occupazionali, (coordinato da Ugazio). Il Convegno si compose, tra l’altro, anche di una tavola rotonda dal titolo “ Trasferimento dei risultati della ricerca biomedica alla prevenzione primaria dei rischi dell’inquinamento ambientale – Il Ricercatore, Il Legislatore, il Magistrato”.

Queste figure furono rappresentrate da: Ugazio, Governa, Di Prospero, Sanpaolo, Smuraglia, e Guariniello, e i loro interventi furono rendicontati negli Atti del Convegno, pubblicati tempestivamente e messi a disposizione dei partecipanti all’apertura della manifestrazione scientifica.

Gli argomenti oggetto del convegno sono stati:

  • “Rischi dell’inquinamento ambientale: Prevenzione o medicalizzazione?” (G. Ugazio);
  • “Considerazioni sulle attuali possibilità di ricerca della medicina del lavoro nel campo della prevenzione primaria”  (M. Governa);
  • “Valutazione dei composti “nuovi” per la legittimazione o per la censura” (P. Di Prospero, A. Sanpaolo);
  • “Gli interventi legislativi in materia di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro e di vita. La situazione e le prospettive” (C. Smuraglia);
  • “L’intervento del magistrato nella tutela della salute e nella protezione della qualità dell’ambiente” (R. Guariniello).

“La medicina del lavoro si può proporre per ricerche i cui risultati siano utili a prevenire la compromissione della salute della popolazione generale esposta ai rischi ambientali. Infatti, non solo è possibile ma anzi è auspicabile che allo studio degli effetti nocivi dell’ambiente di vita sulla popolazione generale venga applicata quella stessa , ben definita e peculiare, metodologia con la quale sono stati affrontati gli effetti  nocivi dell’ambiente di lavoro sui lavoratori”.

Il ruolo delle istituzioni nei confronti dei cancerogeni

Tra quella porziuncola di ambiente, più o meno incontaminata dall’uomo, l’uomo stesso con il suo stato di salute, è stesa un’immensa catena di soggetti che individualmente oppure collettivamante costituiscono le cosiddette “istituzioni”.

Queste, nella loro essenza, sono meramente anelli di un’enorme macchina burocratica. Il loro compito sarebbe la protezione della qualità dell’ambiente e la tutela della salute dell’essere umano e degli animali sinantropici. Ma talora, purtroppo, si limita ad alimentare se stessa, anche attraverso i dettami della “legge di Parkinson”, quella propria dello sviluppo dell’ammiragliato della Home Fleet, fenomeno che avviene in modo inversamente proporzionale all’evoluzione del tonnellaggio della medesima flotta marinara.

Se si volesse tentare di redigere un succinto inventario di questa enorme catena burocratica, partendo dalle unità micellari e quelle sempre più grandi,  si potrebbero citare, per esempio: prima i singoli sanitari, esperti di ecologia e di arte biomedica, operanti individualmente o in associazione, regolamentati dagli ordini professionali ad hoc, poi le strutture specifiche a livello di quartiere,  urbano, provinciale, regionale, nazionale, e sovranazionale, fino ai massimi livelli.

Il cittadino ricorre preferenzialmente alle prime figure elencate nel momento di superare l’orizzonte clinico. Ma sarebbe il fruitore ottimale delle competenze specifiche degli anelli burocratici soprattutto quando è ancora sano. Sotto questa veste, di precursore di paziente, è naturalmente il soggetto-oggetto elettivo delle competenze e delle attività degli anelli burocratici di livello superiore  o massimo.

Uffici di competenza per la tutela collettiva

Si passa quindi attraverso i funzionari degli uffici preposti alle mansioni di protezione dell’ambiente e della salute, a livello di quartieri, degli assessorati all’ambiente e alla sanità oltre che, in primis, del sindaco, a livello urbano, degli assessorati all’ambiente ed alla sanità nell’ambito degli organismi provinciali, e poi regionali, infine a livello degli specifici ministeri, o di particolari segretariati,  del governo nazionale, coordinati dal consiglio dei ministri.

A iniziare dall’ambito urbano, passando per quello provinciale, regionale, e nazionale, porzioni dei bilanci delle risorse economico-finanziarie sono devolute allo studio di determinati e specifici problemi sanitari che interessano, principalmente, la prevenzione.

Inoltre, a livello nazionale, sono state fondate e operano particolari istituzioni nella prevenzione da agenti cancerogeni. Si annoverano tra essi l’Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.), il Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.), e l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (I.S.P.E.S.L.).

Tali istituzioni affiancano, all’occorrenza, le istituzioni preposte alla ricerca scientifica e all’insegnamento  della maggior parte delle Facoltà delle Università nazionali. Tutti gli anelli di questa lunga e complessa catena tecnico-burocratica producono regolarmente, e in genere pubblicano, almeno come testimonianza della loro ragion d’essere, i risultati delle attività istituzionali.

Agenti cancerogeni: valutazione di impatto ambientale

Uno dei punti chiave di questi risultati è la cosiddetta Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.). Però troppo frequentemente essa è solo un grimaldello formale. Priva di un significato vero ai fini preventivi, serve solo per mascherare il vero col finto, evocando il fantasma della “sostenibilità” dello sviluppo.

Un esempio piuttosto recente di relazione mendace di V.I.A., perchè reticente, era quella che nel 2002 accompagnava  la proposta di contratto tra l’E.T.I. e la ditta multinazionale di cloroalcali che per alcune decine d’anni avrebbe sfruttato 80 milioni di metri cubi di oro bianco (NaCl) dei giacimenti del sottosuolo della valle del Cecina, non negando ma tacendo il rischio dell’inquinamento ambientale con mercurio e la formazione di laghi di subsidenza.

La situazione di questi due parametri di alterazioni dell’ambiente provocate dall’impiego, ancora oggigiorno, delle celle di Castner–Kellner ad Hg per l’idrolisi dell’NaCl, era riportata fedelmente nel Compendio di Patologia Ambientale.

Cosa dice il Tribinale Amministrativo della Regione Toscana

Pertanto, dopo che l’autore di tale lavoro ebbe esposto adeguate precisazioni scientifiche ai funzionari competenti della Regione Toscana (agosto 2002), il Tribunale Amministrativo della Regione Toscana (T.A.R.), in tempi recenziori (13 luglio 2007), revocò l’accettabilità della proposta di contratto per questo tipo di sfruttamento di un bene naturale causativo di alterazioni ambientali, oltre che di rischi per la salute.

Questo rappresenta un episodio favorevole per la qualità dell’ambiente e per la tutela della salute umana dipendente dalla presenza e dall’attività specifica di un anello intermedio delle istituzioni interposte tra l’ambiente e la salute, quale la Magistratura amministrativa regionale.

Ciò conferma le attese e le affermazioni del magistrato (RG) e del legislatore (CS) nella Tavola Rotonda del 6° Convegno sulla Patologia da Tossici Ambientali ed Occupazionali. Progredendo poi nelle dimensioni da quelle della Magistratura regionale e da quella nazionale verso le istituzioni proprie di organismi sovranazionali, incontriamo, nella Comunità europea, la Corte europea, la quale svolge il compito di controllare l’applicazione delle leggi comunitarie da parte degli Stati membri.

La Corte Europea e la sanzione al Governo Italiano

Nel 2000, questa Corte sanzionò con un’ammenda considerevole il Governo italiano per la carenza dei prescritti depuratori sull’impianto fognario della metropoli milanese. Più recentemente, la stessa istituzione comunitaria ha sanzionato la nostra Repubblica per il ritardo con cui le norme della CE sulle discariche dei rifiuti sono state incorporate nell’ordinamento giuridico del Governo di Roma.

Eseguendo un altro passo, l’ultimo per ora, nelle dimensioni delle istituzioni sovranazionali, si arriva all’O.N.U. (Organizzazione delle Nazioni Unite), il cui braccio secolare, competente sulle condizioni sanitarie di miliardi di individui, è l’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità), chiamato anche W.H.O. (World Health Organization).

A questi livelli di dimensioni, il cittadino del mondo ha solo da sperare bene nell’efficienza di queste enormi istituzioni. Anche se il precedente dell’inquinamento con arsenico (As) dell’acqua potabile è distribuita a 70 milioni di cittadini del Bengala e del Bangladesh (3000 µg per litro invece di 10÷50 µg per litro suscita qualche dubbio sulle capacità scientifico-tecnologiche di queste istituzioni.

Però, a parte le istituzioni minime, piccole, grandi, o enormi, l’individuo che aspira a spendere bene e completamente la sua attesa di vita, si deve affidare, oltre che alla fortuna ed alle conoscenze del singolo cittadino, ai principi della precauzione, della prudenza, della consapevolezza, e dell’etica di chi governa la collettività.

Tutto questo patrimonio, lungi dal portare detrimento al progresso tecnologico ed al P.I.L., potrebbe salvaguardare la salute delle collettività, bene non disponibile, irrecuperabile ed insostituibile.

Agenti cancerogeni e d.lgs n.81 del 2008

Il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministro della Salute dell’11 febbraio 2021 modifica la direttiva della Comunità Europea 2004/37. Riguarda la tutela dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni sul lavoro.

Infatti il provvedimento integra gli Allegati XLII e XLIII del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, in conformità agli aggiornamenti delle direttive europee su sostanze e valori limite di esposizione professionale. Le direttive sono 2019/130 e 2019/983 del Parlamento europeo.

Le Direttive dell’Unione europea prevedono delle modifiche riguardo gli agenti cancerogeni:

  • produzione di auramina con il metodo Michler;
  • i lavori che espongono ad idrocarburi policiclici aromatici, presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone;
  • lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie, prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate;
  • processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico;
  • il lavoro comportante l’esposizione a polveri di legno duro;
  • lavori comportanti l’esposizione a polvere di silice cristallina respirabile, generata da un procedimento di lavorazione;
  • i lavori comportanti penetrazione cutanea degli oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all’interno del motore;
  • lavori comportanti l’esposizione alle emissioni di gas di scarico dei motori diesel.

Valori limite di esposizione professionale

  • Acido arsenico e i suoi sali e composti inorganici

Valore limite 8 ore: 0,01 mg/m3 (frazione inalabile).

Misure transitorie: per il settore della fusione del rame il valore limite si applica dall’11 luglio 2023.

  • Acrilammide

Valore limite 8 ore: 0,1mg/m3.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Benzene

Valore limite 8 ore: 3,25 mg/m3 o 1 ppm.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Berillio e composti inorganici

Valore limite 8 ore: 0,0002 mg/m3 (frazione inalabile).

Osservazioni: sensibilizzazione cutanea delle vie respiratorie.

Misure transitorie: 0,0006 mg/m3 (frazione inalabile) fino all’11 luglio 2026.

(frazione respirabile negli Stati membri che applicano, alla data di entrata in vigore della Direttiva UE 2019/983, un sistema di biomonitoraggio con un valore limite biologico non superiore a 0,002 mg Cd/g di creatinina nelle urine).

  • Bromoetilene

Valore limite 8 ore: 4,4 mg/m3 o 1 ppm.

  • 1,3-Butadiene

In 8 ore valore limite: 2,2 mg/m3 o 1 ppm.

  • Cadmio e i suoi composti inorganici

Valore limite 8 ore: 0,001 mg/m3 (frazione inalabile)

Misure transitorie: 0,004 mg/m3 (frazione inalabile) fino all’11 luglio 2027

  • Cloruro di vinile monomero

Valore limite 8 ore: 2,6 mg/m3 o 1 ppm.

  • Composti di Cromo VI

Valore limite 8 ore: 0,005 mg/m3.

Misure transitorie: 0,010 mg/m3 fino al 17 gennaio 2025.

Misure transitorie: 0,025 mg/m3 per i procedimenti di saldatura o taglio al plasma o analoghi procedimenti di lavorazione che producono fumi fino al 17 gennaio 2025.

Agenti cancerogeni: altri valori limite

  • 1,2-Epossipropano

Valore limite 8 ore: 2,4 mg/m3 o 1 ppm.

  • Epicloridrina

Valore limite 8 ore: 1,9 mg/m3.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Etilene dibromuro

Valore limite 8 ore: 0,8 mg/m3 o 0,1 ppm

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Etilene dicloruro

Valore limite 8 ore: 8,2 mg/m3 o 2 ppm

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Fibre Ceramiche refrattarie

Valore limite 8 ore: 0,3 f/ml.

  • Formaldeide

Valore limite 8 ore: 0,37 mg/m3 o 0,3 ppm.

Nella breve durata valore limite: 0,74 mg/m3 o 0,6 ppm.

Osservazioni: la sostanza può causare sensibilizzazione cutanea.

Misure transitorie: valore limite di 0,62 mg/m3 o 0,5 ppm per i settori sanitario, funerario e dell’imbalsamazione fino all’11 luglio 2024.

  • Emissioni di gas di scarico dei motori diesel

Valore limite 8 ore: 0,05 mg/m3 (sotto forma di carbonio elementare)

Osservazioni: il valore limite si applica a decorrere dal 21 febbraio 2023. Per le attività minerarie sotterranee e la costruzione di gallerie, il valore limite si applica a decorrere dal 21 febbraio 2026.

  • Idrazina

Valore limite 8 ore: 0,013 mg/m3 o 0,01 ppm.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Miscele di Idrocarburi Policiclici Aro­matici, in particolare quelle contenenti benzo[a]pirene

Valore limite: non definito.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

Aggiornamento valori limite degli agenti cancerogeni

  • 4,4′- Metilendianilina

Valore limite 8 ore: 0,08 mg/m3.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • 2-Nitropropano

Valore limite 8 ore: 18 mg/m3 o 5 ppm.

  • Oli minerali, precedentemente usati nei motori a combustione interna

Valore limite: non definito.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Ossido di Etilene

Valore limite 8 ore: 1,8 mg/m3 o 1 ppm.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • o-Toluidina

Valore limite 8 ore: 0,5 mg/m3 o 0,1 ppm.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

  • Polveri di legno duro

Valore limite 8 ore: 2 mg/m3.

Misure transitorie: 3 mg/m3 fino al 17 gennaio 2023.

  • Polvere di silice cristallina respirabile

Valore limite 8 ore: 0,1 mg/m3.

  • Tricloroetilene

Valore limite 8 ore: 54,7 mg/m3 o 10 ppm.

Nella breve durata valore limite: 164,1 mg/m3 o 30 ppm.

Osservazioni: contribuisce in modo significativo all’esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea.

Consulenza ONA per gli esposti a cancerogeni

L’ONA assiste tutti i cittadini e lavoratori che sono venuti a contatto con agenti cancerogeni, come l’amianto, e hanno subito danni alla propria salute. Per ottenere la tutela dei propri diritti ci si può rivolgere al servizio di consulenza gratuita, chiamando il numero verde 800.034.294 o compilando il form.

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