L’arsenico in natura è un solfuro: arsenopirite (FeAsS) e realgar (As4S4). Inoltre, i composti più importanti sono l’arsina (AsH3), l’acido arsenioso (H3AsO3, l’acido arsenico (H3AsO4) e i relativi arseniati (Post Baracchi e Tagliabue).

L’arsenico è un elemento del V gruppo della tavola periodica ed il suo numero atomico è 33. Da subito collocato a destra della linea spezzata che separa i metalli dai non-metalli, ovvero gli elementi che occupano questa posizione sono detti semi-metalli. Questi ultimi presentano caratteristiche intermedie fra i primi ed i secondi (Post Baracchi e Tagliabue).

Come effettuare riconoscimento arsenico? Nello stato naturale, l’arsenico è un solido grigio, brillante e friabile, ed è, quindi, detto arsenico metallico. Nella combustione, produce fumi densi di colore bianco a cui corrisponde un tipico odore di aglio. Lo stesso odore è riscontrato anche in coloro che ne sono intossicati. Nel dettaglio, accade naturalmente nei casi di intossicazione acuta (Merck Index,1960).

Arsenico: gli effetti citotossici e genetici

I metalli hanno effetti citotossici e genetici in base alla loro collocazione nella tavola periodica. Difatti, gli effetti clastogenici sono proporzionali al loro peso atomico, all’elettropositività e la solubilità nei lepidi e nell’acqua.

L’entità dell’effetto citotossico è proporzionale al tipo di misurazione effettuata e al modo in cui viene somministra. Inoltre, anche il sodio, il potassio, il rame, il calcio, lo stronzio, lo zinco, il cadmio, il mercurio, l’alluminio, il tallio, il lantanio, il cerio, il piombo, il vanadio, il selenio e il cromo, hanno gli stessi effetti dell’arsenico. In più, anche altri metalli, tra i quali il molibdeno, manganese, ferro, cobalto e nichel. Per questi motivi, l’ONA ha sempre perseguito le finalità di prevenzione primaria, mettendo in evidenza che tra gli agenti lesivi non vi è soltanto l’amianto.

Questo semi-metallo ha proprietà tossiche e, quindi, è utilizzato in parecchi composti chimici, specialmente in agricoltura. Infatti, le fonti di inquinamento più importanti sono gli insettici, i rodenticidi, i fungicidi, i prodotti per la protezione del legno. Nei lavoratori del settore primario in genere l’incidenza di tumori è inferiore ai residenti nelle aree industrializzate.

Un settore lavorativo particolarmente a rischio è quello relativo allo smaltimento dei rifiuti. Le modalità di contatto sono molteplici, ma la più diretta è l’ingestione di acque contaminate. Gli effetti tossici delle sostanze pericolose, spesso non sono conosciuti ed è, pertanto, necessario adottare un’adeguata, preventiva, valutazione del rischio. Oltre alla norma di cui all’art. 2087 c.c., è rilevante anche quando disposto dal Dlgs. 81/2008.

Contaminazione da arsenico e sviluppo globale

L’arsenico rappresenta una minaccia soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Purtroppo i vecchi impianti industriali, spesso trasferiti proprio nei Paesi in via di sviluppo, funzionavano grazie a numerosi cancerogeni, tra cui proprio l’arsenico.

L’acqua potabile è la principale fonte dei danni da arsenico. Difatti le acque sono spesso contaminate e a loro volta contaminano pesci, crostacei e altre creature che vivono nei mari. Oltre a questo cancerogeno, le acque potabili sono spesso contaminate anche da rame, zinco, ferro, mercurio, cromo, piombo e cadmio.

L’individuazione di arsenobetaina nelle acque, per esempio, ha suscitato un notevole interesse.  Inizialmente, sono state trovate tracce di arsenobetatina nell’aragosta, poi in molte altre specie marine che fanno parte della dieta dell’uomo. In un secondo momento sono state effettuate analisi anche sulle alghe, riscontrando così al loro interno presenza di ribofuranosidi.

Grazie alla cristallografia a raggi-X, che sfrutta l’emissione di radiazioni indotta dai protoni e di fluorescenza indotta da radioisotopi, è possibile quantificare la concentrazione di elementi presenti in tracce nei più comuni alimenti. In questo modo è stato possibile reperire As in alcune varietà di riso alla concentrazione di 0,2 mg/Kg e piombo nel tuorlo d’uovo di gallina (1,7 mg/Kg).

I metalli pesanti presenti nei cibi

effetti metalli pesanti

Inoltre, anche lo spettrofotometro ad assorbimento atomico ed uno spettrometro ad emissione di argon sono indicatori della presenza di metalli pesanti negli alimenti. Ulteriori indagini sul merluzzo e sul pescecane hanno dimostrato la presenza di arsenico e di mercurio anche in queste creature.

Di particolare interesse è il comportamento del mercurio, perché le procedure di lavorazione e di lavaggio del pesce riescono a debellare l’arsenico ma non di mercurio. Difatti, in Germania, è stato vietato il consumo di carni, latte e uova provenienti da determinate fattorie.

Le misurazioni effettuate hanno fornito alcune indicazioni: i cereali non sembrano sensibili all’inquinamento da metalli pesanti, lo stesso vale per il latte e il muscolo degli animali da allevamente. Contrariamente, invece, fegato e rene, contengono concentrazioni di arsenico, cadmio e piombo, che aumentano in base all’età dell’animale.

Le ricerche dell’Università di Washington

Il rischio più alto è dei residenti nelle vicinanze di impianti che lavorano l’arsenico. Ricercatori dell’Università di Washington hanno compiuto importanti studi sull’esposizione all’arsenico negli abitanti di una comunità vicino ad una fonderia di rame inattiva.

Lo studio ha campionato 121 famiglie, per un totale di 435 persone, che vivevano entro 8 miglia dalla fonderia. Dieci altre famiglie, ovvero 31 persone, di un’area non contaminata sono servite per il confronto delle misurazione.

I dati dello studio hanno confermato una concentrazione media nelle urine dei soggetti: residenti a 0,5 miglia = 11,4 ppb, residenti a 3 miglia = 9,1 ppb, confronto = 9,5 ppb. Quando stratificati per età e sesso, i campioni di urine evidenziavano concentrazioni molto più alte per i bambini di età inferiore ai 7 anni (bambini = 48 ppb, bambine = 24,5). L’acqua di lavaggio delle mani mostrava che le concentrazioni rispettivamente a 0,5, 6,3 miglia e confronto erano 2,5, 0,2 e 0,1 µg per mano.

Invece le concentrazioni nei capelli a 0,5 e 6,3 miglia erano 3,7 e 0,4 ppm. Mentre nella frutta e nei vegetali la concentrazione era di 1,8 ppm. Il valore nell’acqua potabile variava fra 0,4 e 1 ppm. Le concentrazioni medie del suolo a 0,5 e 6,3 miglia erano rispettivamente 215 e 18,5 ppm.

I bambini pericolosamente messi a rischio

I risultati di queste ricerche indicano che la più importante fonte di esposizione è il suolo e ovviamente la stessa fonderia. Per questi motivi, le concentrazioni nelle urine erano significativamente superiori solo nei residenti entro le 0,5 miglia e per i bambini i valori nelle urine sono correlati a quelli dell’acqua di lavaggio delle mani.

Pertanto la via di ingresso principale è l’ingestione, che nei bambini viene incrementata dalla cattiva abitudine di portare le mani alla bocca. Al contrario in 53 dei 79 membri di 17 famiglie che abitavano nei pressi di una fabbrica che usava acetoarsenito di rame furono evidenti i segni di intossicazione cronica da arsenico poiché nelle acque i valori di concentrazione dell’elemento variavano da 5 a 58 mg/l.

Intossicazione di arsenico anche negli animali

I test sulla contaminazione da arsenico sono stati effettuati anche su animali. I primi a sottoporsi ai test sono stati i topi e gli hamsters, che hanno ingerito una singola dose di 40 mg/Kg. I test effettuati sulle feci e nelle urine hanno evidenziato tracce di arsenico già dopo le prime 48 ore.

Tra i campioni testati vi era anche un uomo. Quest’ultimo aveva ingerito una quantità di sostanza per produrre una dose di 0,1 mg/Kg di peso corporeo. Infine, meno dell’1% dell’arsenico somministrato era ancora presente nell’organismo degli animali dopo 48 h. L’eliminazione fecale ammontava al 42% per gli hamsters e al 29% per i topi.

L’escrezione dell’acido dimetil-arsenico era per l’80%-85% in forma non metabolizzata,  per il 13-15% in forma complessa (nelle urine il 3,5-6,4% come ossido di trimetil-arsina). Nell’uomo i risultati sono simili.

Danni alla salute: dove si deposita l’arsenico

Numerosi studi sottolineano che la quantità di arsenico assorbita dall’organismo si riflette nella quantità escreta nelle urine. Tuttavia, non è possibile ricavare alcun vantaggio dal punto di vista clinico sulla previsione della tossicità.

Infatti, sintomi di tossicità sono già evidenti ad una concentrazione di 0,25 ppm, mentre altri soggetti possono eliminare arsenico alla concentrazione di 1 ppm senza nessun sintomo o segno. Comunque i valori delle urine devono orientativamente mantenersi al di sotto dei 5 µg/die.

Le unghie sono un altro tessuto in cui è facile che si depositi l’arsenico. Oltre a questo cancerogeno però sono state trovate anche concentrazioni variabili da 40 a 800 ppm di calcio, magnesio, fosforo, sodio, potassio, ferro, zinco e alluminio. Sono state trovate tracce di altri elementi non superiori a 0,5-5 ppm.

Le abitudini alimentari sembrano essere responsabili delle differenze riscontrate in diverse aree geografiche come Giappone, India, Polonia, Canada e Stati Uniti. Così i campioni di unghie ottenuti da giapponesi contengono alti livelli di mercurio, ferro e alluminio a causa forse dell’elevato consumo di pesce.

Arsenico malattie professionali della lista I

sicurezza sul lavoro

L’esposizione ad arsenico provoca l’insorgenza delle seguenti patologie:

  • anemia emolitica (LISTA I, GRUPPO 1, COD. I.1.02);
  • polineuropatia periferica (LISTA I, GRUPPO 1, COD. I.1.02);
  • melanoderma (LISTA I, GRUPPO 1, COD. I.1.02);
  • cheratosi palmo-plantare (LISTA I, GRUPPO 1, COD. I.1.02);
  • ulcere cutanee (LISTA I, GRUPPO 1, COD. I.1.02);
  • epatopatia tossica (LISTA I, GRUPPO 1, COD. I.1.02);
  • tumore del polmone (LISTA I, GRUPPO 6, COD. I.1.02);
  • tumore della cute (LISTA I, GRUPPO 6, COD. I.1.02);
  • congiuntivite (LISTA I, GRUPPO 1, COD. I.1.02);
  • rinite, rinofagite e faringiti croniche (LISTA I, GRUPPO 1, COD. I.1.02);
  • perforazione setto nasale (LISTA I, GRUPPO 1, COD. I.1.02).

Con riferimento all’inserimento nella lista I dell’INAIL, per le vittime di queste malattie, vi è la presunzione legale di origine professionale. L’unica condizione che deve essere soddisfatta, naturalmente oltre alla prova della malattia, è la presenza della noxa nell’ambiente di lavoro. Il servizio medico legale dell’ONA, infatti, verifica che l’arsenico fosse presente negli ambienti di lavoro, ovvero, che sia stato utilizzato anche come materia prima. In caso positivo, è rilasciata la certificazione ai fini del riconoscimento dell’indennizzo INAIL.

Le malattie professionali della lista II

Oltre alle patologie della lista I, l’INAIL riconosce anche altre inserite nella lista II. In particolare, diversi tipi di tumori sono:

  • del rene (lista II, gruppo 6, cod. II.6.30);
  • della vescica (lista II, gruppo 6, cod. II.6.37);
  • della prostata (lista II, gruppo 6, cod. II.6.30);
  • del fegato e delle vie biliari (lista II, gruppo 6, cod. II.6.30).

In generale, gli organi bersaglio delle malattie cagionate dall’arsenico, sono il polmone, il fegato, la cute, il sangue, la rinofaringe, la mucosa congiuntivale e il sistema nervoso periferico. L’esposizione ad arsenico può avvenire per inalazione, ingestione o per via cutanea.

Nella lista II dell’INAIL sono inserite le malattie la cui “origine lavorativa è di limitata probabilità“. In questo caso non è prevista la presunzione legale d’origine. Sarà la vittima delle patologie della lista II a dover dimostrare il nesso causale per ottenere le prestazioni INAIL.

Per ottenere l’indennizzo malattia professionale è sufficiente che ci sia l’esposizione, anche se indiretta. In base al grado invalidante, a partire dal 6%, l’INAIL liquida l’indennizzo del danno biologico con una tantum. Se il grado invalidante raggiunge, invece, il 16%, sussiste il diritto alla rendita INAIL. Queste rendite INAIL si aggiungono al rateo mensile del risarcimento INAIL.

Nel dettaglio INAIL risarcisce:

  • dal 6 al 15% l’indennizzo del danno biologico;
  • dal 16% la rendita INAIL, ovvero l’indennizzo del danno biologico e delle diminuite capacità di lavoro.

Come ottenere il risarcimento danni

L’INAIL indennizza solo il danno biologico e quello patrimoniale per diminuite capacità di lavoro. L’integrale ristoro dei danni, compresi eventuali danni morali ed esistenziali, si ottiene, invece, facendo valere la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Tuttavia, se si riesce a dimostrare il nesso causale tra malattia e attività lavorativa, si può anche avanzare una richiesta di risarcimento danni.

La quantificazione dei danni, subiti dal lavoratore vittima di malattia di origine professionale si stabilisce in maniera personalizzata. Si ha la liquidazione del differenziale del danno patrimoniale e del danno biologico, e il risarcimento danni morali ed esistenziali. L’indennizzo INAIL deve essere scorporato per poste omogenee dal danno biologico e da quello patrimoniale per diminuite capacità di lavoro. Tutti gli altri pregiudizi, invece, devono essere integralmente risarciti.

La vittima ha diritto ai danni differenziali con scomputo della rendita per poste omogenee. L’indennizzo del danno biologico è defalcato dal quantum del danno biologico, con integrale ristoro di tutti gli altri danni non patrimoniali. In caso di rendita, lo scorporo è circoscritto al danno biologico, piuttosto che al danno patrimoniale per diminuite capacità lavorative.

Tutta la procedura è definita nel dettaglio dall’art. 1, comma 1126, lettera a), L. 145/2018, per effetto dell’art. 3-sexies, comma 1, D.L. 30 aprile 2019, n. 34. È poi convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, che ha abrogato la lettera a) del comma 1126 della ultima legge di bilancio.

Per stabilire, invece, l’entità del danno non patrimoniale, si deve tener conto del valore della lesione biologica e applicare il sistema riportato dalla Tabella del Tribunale di Milano. Il sistema permette di stabilire il valore del danno, rideterminando il quantum delle singole poste in relazione alle caratteristiche individuali del danneggiato, per la responsabilità contrattuale e per la responsabilità extracontrattuale.

Consulenza ONA per gli esposti ad agenti cancerogeni

L’ONA assiste tutti i cittadini che sono venuti a contatto con agenti cancerogeni, come l’amianto, e hanno subito danni alla propria salute. Per ottenere la tutela dei propri diritti ci si può rivolgere al servizio di consulenza gratuita, chiamando il numero verde 800.034.294 o compilando il form.

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