La corretta gestione dei rifiuti è un elemento essenziale della salvaguardia dell’ambiente e della natura. Rifiuti tossici e pericolosi possono avvalenare il suolo, l’acqua, le colture e gli animali di cui ci cibiamo causando gravi danni all’ambiente e alla nostra salute.

In troppi casi lo smaltimento dei rifiuti speciali è gestito dalle ecomafie che causano gravi danni all’ambiente se non dei veri e propri disastri ambientali che in Italia sono e sono stati numerosi.

In questa guida scopriamo quali sono le diverse tipologie di rifiuto (solido urbano, speciali, pericolosi e tossici). Scopriamo qual è la definizione di rifiuto secondo la normativa vigente e le modalità più adatte a smaltirli per la salvaguardia della salute dei cittadini e dell’ambiente. Scopriamo anche quali sono i danni alla salute connessi a un errato smaltimento dei rifiuti e approfondiamo il tema scottante dello smaltimento dell’amianto, rifiuto pericoloso che deriva dalla bonifica dei numerosi siti ancora contaminati in Italia.

L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto si occupa di tutela della salute rispetto al rischio amianto e di altre esposizioni dannose. Il tema dei rifiuti svolge, come è facile dedurre, un elemento fondamentale del puzzle e l’Osservatorio si occupa di sensibilizzazione, promozione della salvaguardia ambientale e di difesa legale delle vittime di esposizione.

Che cosa sono i rifiuti e come si classificano?

Qual è la definzione corretta di rifiuto? I rifiuti sono tutto ciò che buttiamo via perché non ne abbiamo più bisogno. Le Nazioni Unite, la Comunità Europea e la normativa italiana ne danno una definizione precisa.

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e in particolare secondo la Convenzione di Basel del 1989, art.2(1)  i rifiuti “sono sostanze o oggetti che sono smaltiti o che sono destinati a essere smaltiti o devono essere smaltiti in base alle disposizioni della legislazione nazionale”.

L’Unione europea, con la Direttiva n.2008/98/Ce del 19 novembre 2008 (Gazzetta ufficiale europea L312 del 22 novembre 2008) li definisce come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”. Non sono considerati scarti i “sottoprodotti” o residui.

Definizione secondo la normativa italiana

L’art. 183 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (cosiddetto Testo unico ambientale), modificato dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 “Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa a questa problematica e che abroga alcune direttive”. (10G0235) (GU n. 288 del 10-12-2010 – Suppl. Ordinario n.269) dà la definizione di rifiuto nel contesto italiano:

“Qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi” dove disfarsi significa avviare un oggetto o sostanza ad operazioni di smaltimento di rifiuti o di recupero (rispettivamente allegati B e C alla parte quarta del D.Lgs. 152/2006).

Rifiuti urbani e speciali: le differenze

In base alla fonte della loro produzione e in base alla loro pericolosità i rifiuti vengono suddivisi in diverse categorie. Sul sito del Ministero dell’Ambiente potete visionare la classificazione completa. Innanzitutto vengono distinti in solidi urbani e speciali.

In base alle loro caratteristiche di pericolosità, possono essere classificati in pericolosi e non pericolosi. Quindi avremo i rifiuti solidi urbani pericolosi e quelli speciali pericolosi. Quelli pericolosi sono definiti come tali sin dall’origine, oppure sono quelli la cui pericolosità dipende dalla concentrazione delle sostanze pericolose al loro interno.

Definizione rifiuti pericolosi: quali sono?

I rifiuti pericolosi sono a loro volta classificati in base alla loro classe di pericolo in:

  • Esplosivi
  • Comburenti
  • Facilmente infiammabili
  • Irritanti – nocivi
  • Tossici (includono anche quelli di origine domestica come batterie o detersivi o derivanti dalle attività agricole, come i fertilizzanti)
  • Cancerogeni
  • Corrosivi
  • Infetti
  • Teratogeni
  • Mutageni
  • Che a contatto con l’acqua liberano gas tossici o molto tossici
  • Sorgenti di sostanze pericolose
  • Ecotossici

Rifiuti solidi urbani: che cosa sono?

I rifiuti solidi urbani includono:

  • quelli domestici, anche ingombranti provenienti dallo spazzamento delle strade;
  • quelli di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche;
  • quelli vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali.

Definizione rifiuti speciali: cosa sono?

Secondo la definizione del Ministero dell’Ambiente fanno parte dei rifiuti speciali:

  • quelli da lavorazione industriale;
  • quelli da attività commerciali;
  • quelli derivanti dall’attività di recupero e smaltimento, i fanghi prodotti da trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
  • quelli derivanti da attività sanitarie;
  • macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
  • veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.

rifiuti speciali il più delle volte non derivano dai privati cittadini e dall’uso domestico. In Italia la produzione di rifiuti speciali aumenta costantemente. C’è da considerare però che quasi la metà di essi derivano dall’edilizia e includono calcinacci e simili che possono agevolmente essere inseriti in un progetto di riciclo e riuso.

Raccolta differenziata: perché è importante?

La raccolta differenziata è il primo passo per il corretto riciclo dei rifiuti. Differenziare i rifiuti è un gesto che inizia con il consumatore che suddivide i rifiuti domestici in base ai materiali che li compongono e li conferisce nella giusta pattumiera. In questo modo le operazioni di smaltimento dei rifiuti solidi e quelle di riciclo saranno più agevoli, economiche e corrette.

I prodotti in commercio sono forniti di apposite etichette che permettono di conoscerne i materiali che li compongono e che aiutano a differenziarli. Ogni Comune ha le sue particolari modalità di differenziazione. Bisogna tenere conto dunque delle indicazioni comunali di solito fornite dall’azienda che si occupa dello smaltimento e presenti sul sito del comune di riferimento.

Una volta conferiti in discarica si tratterà di smaltirli nel modo più corretto e di introdurli alle operazioni di riuso e riciclo.

L’obiettivo è quello di ridurre al minimo la racoclta del secco o indifferenziato e di condurre a riciclo la maggior parte dei materiali di scarto.

Tutte le tipologie di trattamento dei rifiuti

In Italia i rifiuti solidi urbani vengono raccolti e gestiti dalla pubblica amministrazione sulla base di una tassa apposita (TARI). Lo smaltimento dei rifiuti speciali viene effettuato invece da un sistema di aziende private e prevalentemente attraverso il recupero di materia, ovvero il riciclo rifiuti urbani.

Il Italia la quota di rifiuti speciali condotta a riciclo si attestava nel 2016 al 65%. Oltre al riciclo altre modalità di smaltimento die rifiuti riguardano lo smaltimento in discarica, l’incenerimento e l’avvio al recupero di energia.

Trattamento dei rifiuti indifferenziati

I rifiuti raccolti indifferenziatamente possono essere trattati secondo 3 opzioni. Indipendentemente dalla strada prescelta produrranno inevitabilmente rifiuti in discarica.

  • trattamenti a freddo, ovvero separazione e parziale recupero di materiali, biostabilizzazione e conferimento in discarica;
  • trattamenti a caldo, ovvero incenerimento o a valle di separazione e produzione di CDR e conferimento in discarica;
  • conferimento diretto in discariche (oggi molto usato, ma certamente da evitarsi).

Qual è il migliore tipo di trattamento?

L’EPA (Environmental Protection Agency) ha disegnato una piramide gerarchica di valutazione delle procedure di smaltimento dei rifiuti non pericolosi. Tale gerarchia è stata disegnata in modo da prediligere i trattamenti che producono meno scarto e che riutilizzano i materiali o riciclano i prodotti.

Ovviamente non esiste un metodo che di default si attesti come il più adatto a tutti i tipi di rifiuti. Sulla base di una gerarchia come questa, è necessario scegliere di volta in volta il trattamento più adatto a seconda delle tante variabili in gioco.

Il recupero di energia con i termovalorizzatori segue il riuso, e a sua volta è seguito dall’ultima possibilità, ovvero la meno vantaggiosa per la salute e l’ambiente: il deposito in discarica. Se le operazioni fossero svolte nel modo corretto il deposito in discarica dovrebbe riguardare, alla fine della gerarchia illustrata, solo pochi materiali di scarto che non sono in alcun modo riutilizzabili.

L’importanza della termovalorizzazione

La termovalorizzazione è una pratica che permette, attraverso un apposito inceneritore di riutilizzare e dare valore al calore prodotto dall’incenerimento. Il calore sviluppato durante la combustione infatti viene recuperato per produrre vapore. Questo a sua volta viene utilizzato per la produzione diretta di energia elettrica o come vettore di calore.

In Italia la norma prevede che tutti gli impianti siano dotati delle apparecchiature per il recupero del calore attraverso la termovalorizzazione. Tutti i termovalorizzatori, in accordo con la normativa vigente, sono dotati inoltre di apparecchiature per l’abbattimento degli NOx, dei microinquinanti, delle polveri, delle diossine e furani e dei gas serra.

In Italia sono attivi circa 60 termovalorizzatori contro i 140 della Francia e i 95 della Germania.

Ecomafie, reati ambientali e disastri ambientali

Ecomafia è un neologismo coniato per la prima volta da Legambiente per definire tutte le attività illegali perpetrate dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso che arrecano danni all’ambiente. Tra queste attività compaiono il traffico illegale di rifiuti, lo smaltimento illegale, traffico di animali selvatici e molto altro, il tutto per un business miliardario.

La Legge 68/2015, approvata nel 2015, è uno strumento importantissimo di prevenzione e lotta alla criminalità ambientale. In Italia sono noti a tutti i danni e i pericoli legati alla cosiddetta Terra dei Fuochi o al Triangolo della Morte, entrambi in Campania.

La definizione di Triangolo della Morte venne utilizzata per la prima volta nel 2004 dalla rivista scientifica The Lancet Oncology che pubblicò uno studio di Kathryn Senior e Alfredo Mazza dal titolo: Italian “Triangle of death” linked to waste crisis (Il “Triangolo della morte” italiano connesso alla crisi dei rifiuti).

Disastro ambientale e reato ambientale

economia, ambiente, salute e diritto penale

Che cos’è un disastro ambientale? Il disastro ambientale (Art. 452 quater c.p.) prevede la reclusione da cinque a quindici anni e si ha quando viene causata l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema, in un’area protetta o in goni caso in cui la portata degli effetti lesivi sia particolarmente rilevante anche in virtù del numero di persone esposte.

Il reato di disastro ambientale si distingue dal reato di inquinamento ambientale disciplinato dall’Art 452-bis c.p. Quest’ultimo prevede la reclusione da due a sei annie la multa da euro 10.000 a euro 100.000 per chiunque abusivamente cagioni una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

I rifiuti pericolosi e l’emergenza amianto

Tra i rifiuti pericolosi non possiamo citare l’amainto. In Italia ci sono ancora tonnellate di manufatti contenenti minerali di amianto. La legge che ha messo al bando l’utilizzo dell’amianto nel nostro paese non ha infatti imposto la bonifica. La rimozione e smaltimento dell’amianto in discarica è un’operazione piuttosto complessa e costosa. All’interno di questo quadro si inserisce lo smaltimento illegale dei rifiuti speciali attraverso interramento o altri metodi.

La Risoluzione del Parlamento Europeo del 2021 che prevede negli Stati membri l’uso di ingenti finanziamenti attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, il Fondo sociale europeo Plus e il Fondo europeo di sviluppo regionale per una migliore gestione dei rifiuti di amianto e per un’Europa senza asbesto.

Approfondisci su: Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – ed.2022.

Per far fronte a questo grave problema, l’ONA fornisce assistenza tecnica per la bonifica, medica e legale per la tutela dei diritti delle vittime d’amianto. Si può richiedere una consulenza chiamando il numero verde 800.034.294 o compilando il form.

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