In questa pagina parliamo di radioprotezione professionale e degli obblighi del datore di lavoro per garantire la sicurezza dei lavoratori esposti. Vediamo cos’è la radioprotezione, quali sono i 3 tre principi fondamentali della radioprotezione, gli obblighi del datore di lavoro e le categorie professionali maggiormente a rischio.
Che cos’è la radioprotezione?
La radioprotezione è l’insieme delle misure, delle pratiche e delle normative finalizzate a proteggere le persone dagli effetti nocivi delle radiazioni ionizzanti, senza rinunciare ai benefici che il loro utilizzo può comportare in ambito medico, industriale e di ricerca.
L’obiettivo principale è quello di limitare l’esposizione delle persone a livelli considerati sicuri, prevenendo rischi sia a breve sia a lungo termine, tra cui effetti stocastici come l’insorgenza di tumori o genetici, ed effetti deterministici che si manifestano oltre una soglia di dose assorbita.
I principi fondamentali della radioprotezione: quali sono?
L’intero sistema di radioprotezione si basa su tre principi fondamentali elaborati dalla Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP), ripresi dalla normativa europea e italiana. Il primo principio è quello della giustificazione, secondo cui nessuna pratica che implichi esposizione alle radiazioni deve essere intrapresa se non apporta un beneficio netto per l’individuo o per la società. Il secondo è quello dell’ottimizzazione, noto anche come principio ALARA (As Low As Reasonably Achievable), che impone di mantenere l’esposizione alle radiazioni tanto bassa quanto ragionevolmente possibile, tenendo conto dei fattori tecnici, economici e sociali. Il terzo è il principio del limite di dose, che stabilisce soglie massime di esposizione per i lavoratori e per la popolazione generale, al di sotto delle quali il rischio è considerato accettabile.
Le principali misure di radioprotezione professionale
In ambito lavorativo, la protezione dalle radiazioni ionizzanti si realizza attraverso un insieme articolato di misure tecniche, organizzative e procedurali. La progettazione dei luoghi di lavoro deve prevedere schermature adeguate, sistemi di contenimento, segnaletica di sicurezza e barriere fisiche che limitino la propagazione delle radiazioni. Anche la scelta delle apparecchiature, dei materiali e dei metodi operativi deve essere orientata alla riduzione dell’esposizione.
Un ruolo centrale è svolto dal monitoraggio ambientale e personale: i lavoratori esposti devono essere sottoposti a controlli periodici tramite dosimetri individuali e controlli sanitari regolari. È inoltre indispensabile garantire una formazione costante e aggiornata al personale, affinché sia consapevole dei rischi e sappia adottare comportamenti sicuri. La sorveglianza sanitaria e radiometrica va sempre affiancata da una valutazione continua del rischio e da eventuali aggiornamenti delle misure preventive.
Gli obblighi del datore di lavoro: quali sono?
Il datore di lavoro ha responsabilità precise e non delegabili in materia di radioprotezione, definite in particolare dal Decreto Legislativo 101/2020, che recepisce la Direttiva Euratom 2013/59 e rappresenta la normativa di riferimento in Italia. Questo decreto disciplina la protezione dai pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti per i lavoratori, la popolazione e l’ambiente.
Il primo obbligo è la valutazione del rischio da radiazioni ionizzanti, che deve essere effettuata da un Esperto di Radioprotezione abilitato. In base ai risultati, il datore di lavoro deve classificare i lavoratori in categorie A o B e istituire, se necessario, zone classificate dove l’accesso è limitato e controllato.
È inoltre tenuto a nominare un Esperto di Radioprotezione, figura tecnica incaricata di sorvegliare le condizioni operative, effettuare i controlli ambientali e consigliare sulle misure di sicurezza. Per i lavoratori classificati, deve inoltre nominare un medico autorizzato che esegua la sorveglianza sanitaria periodica.
Il datore di lavoro deve anche garantire la formazione specifica e periodica per i lavoratori esposti, assicurando che conoscano le modalità di protezione, le caratteristiche delle apparecchiature utilizzate e le procedure da seguire in caso di emergenza. È sua responsabilità assicurare che gli ambienti siano dotati dei dispositivi di protezione collettiva e individuale e che tali dispositivi siano efficaci e correttamente utilizzati.
Infine, egli ha l’obbligo di trasmettere periodicamente i dati dosimetrici alle autorità competenti (Registro nazionale delle dosi, ISIN) e di conservare tutta la documentazione tecnica, sanitaria e di sorveglianza per ciascun lavoratore.
Le categorie di lavoratori a rischio
Le categorie più a rischio sono quelle impiegate in ambiti dove l’uso delle radiazioni è sistematico e di intensità significativa. Tra queste si possono citare i tecnici di radiologia e medicina nucleare, gli operatori sanitari che utilizzano strumenti radiodiagnostici, il personale delle centrali nucleari o degli impianti di ricerca, i lavoratori del settore industriale che impiegano sorgenti radiogene per controlli non distruttivi, e i minatori esposti a gas radon.
In generale, più alto è il livello di esposizione potenziale, maggiore è l’obbligo di applicare misure di sorveglianza medica e radiologica. Anche i lavoratori in apprendistato o giovani, se operano in ambienti a rischio, devono essere particolarmente tutelati, con restrizioni specifiche previste dalla normativa.
Malattie correlate riconosciute nella lista I dell’INPS
Le esposizioni professionali alle radiazioni ionizzanti possono portare, nel lungo termine, allo sviluppo di malattie gravi. Nella Lista I delle malattie professionali dell’INPS, ovvero quelle per cui il nesso causale con l’attività lavorativa è di “elevata probabilità”, figurano alcune patologie correlate alla radioprotezione.
Tra queste si trovano i tumori delle ossa, della pelle e del polmone legati a esposizioni prolungate, nonché alcune forme di leucemia e linfomi. La lista include anche danni a carico dell’apparato ematopoietico, del cristallino (cataratta da radiazioni), e alterazioni della fertilità maschile. Il riconoscimento di queste patologie comporta l’attivazione del sistema di tutela previdenziale e assicurativo per il lavoratore colpito.
I lavoratori che hano contratto una malattia professionale riconosciuta hanno diritto alle tutele INAIL tra cui la rendita o l’indennizzo INAIL. Per i lavoratori del servizio pubblico non privatizzato è prevista invece la causa di servizio con l’equo indennizzo. Ricordiamo però che per essi non vige la presunzione legale d’origine della malattia. L’avvocato Ezio Bonanni e l’Osservatorio Nazionale Amianto si battono per eliminare le disparità.