In questa guida completa parliamo di ’incidente rilevante. Vediamo cos’è, il quadro normativo, aziende e attività coinvolte,  e cosa succede in caso di incidente. Vediamo anche qual è il ruolo del RIR e gli obblighi di prevenzione.

Cosa si intende per “incidente rilevante”?

Con il termine incidente rilevante si indica un evento improvviso e grave, connesso alla presenza o all’uso di sostanze pericolose in uno stabilimento industriale. Può trattarsi di un’esplosione, di un incendio, di una fuga di gas tossico o della dispersione di sostanze chimiche nell’ambiente. Questi eventi hanno conseguenze potenzialmente gravi non solo per i lavoratori, ma anche per la popolazione esterna e l’ambiente circostante.

L’incidente si definisce “rilevante” perché supera la soglia dell’emergenza interna. Implica infatti rischi per la salute pubblica, per la sicurezza del territorio e spesso richiede l’intervento della protezione civile. Non tutti gli stabilimenti possono causare un incidente rilevante: la normativa individua categorie specifiche di attività industriali in cui, per la presenza di determinate sostanze, esiste questo potenziale pericolo.

Il quadro normativo: la Direttiva Seveso e il D.Lgs. 105/2015

La normativa di riferimento in materia di incidenti rilevanti è la Direttiva Seveso, introdotta a livello europeo dopo un grave incidente chimico avvenuto nel 1976 a Seveso, in Lombardia. Questo disastro ambientale portò alla diffusione di diossina e impose una profonda revisione delle norme sulla sicurezza industriale.

Attualmente, in Italia, la disciplina è contenuta nel Decreto Legislativo 26 giugno 2015, n. 105, noto come “Seveso III”. Questa legge stabilisce i criteri per individuare gli stabilimenti a rischio, gli obblighi in capo ai gestori e le misure di prevenzione da adottare.

Il decreto distingue tra stabilimenti di soglia inferiore e stabilimenti di soglia superiore, in base alla quantità e al tipo di sostanze pericolose presenti. Gli obblighi aumentano proporzionalmente al livello di rischio potenziale.

Quali aziende rientrano nella normativa Seveso?

Sono soggette alla normativa Seveso le aziende che detengono sostanze pericolose oltre determinate soglie quantitative. Si tratta in particolare di:

  • impianti chimici e petrolchimici;
  • raffinerie di petrolio;
  • depositi di gas liquefatti (come GPL o GNL);
  • industrie farmaceutiche con processi chimici complessi;
  • depositi e stabilimenti di produzione di fertilizzanti;
  • aziende che trattano sostanze tossiche, infiammabili o esplosive;
  • grandi impianti di stoccaggio industriale;
  • alcune tipologie di impianti energetici.

Non conta solo il tipo di sostanza, ma anche la quantità detenuta o trattata nello stabilimento. La normativa contiene apposite tabelle, allegate al decreto, che elencano i limiti oltre i quali scatta l’obbligo di rientrare tra gli stabilimenti Seveso.

Attività a rischio e settori coinvolti: quali sono?

Le attività che presentano un rischio di incidente rilevante si trovano soprattutto nei settori chimico, petrolifero, energetico e manifatturiero. Ma anche alcune attività logistiche o agricole possono rientrare tra quelle pericolose, se stoccano grandi quantità di sostanze infiammabili o tossiche.

Per esempio, la produzione di ammoniaca, l’uso di cloro industriale, lo stoccaggio di carburanti o la lavorazione di metalli con processi elettrochimici possono generare situazioni di rischio. Anche le industrie di vernici, solventi, pesticidi o plastiche rientrano spesso tra le attività soggette.

Non è quindi solo la produzione che conta, ma l’intero ciclo di gestione delle sostanze pericolose: trasporto, stoccaggio, trattamento, smaltimento. L’importanza del controllo è massima, perché basta un guasto, un errore umano o un evento esterno (come un incendio o un’alluvione) per innescare una catena pericolosa.

Cos’è il RIR: Rischio di Incidente Rilevante

L’acronimo RIR indica proprio questo: “Rischio di Incidente Rilevante”. È un concetto cardine nella normativa Seveso. Ogni azienda soggetta alla disciplina deve valutare, gestire e ridurre il proprio rischio RIR. Questo significa:

  • mappare le sostanze pericolose presenti;
  • simulare scenari incidentali plausibili;
  • stimare i danni potenziali (persone, ambiente, beni);
  • predisporre misure tecniche e organizzative per prevenire o contenere l’evento.

La valutazione del rischio RIR è contenuta nel rapporto di sicurezza, un documento obbligatorio per gli stabilimenti di soglia superiore. Il rapporto descrive l’impianto, i pericoli, le misure di prevenzione e i piani di emergenza. Deve essere redatto da tecnici qualificati e aggiornato periodicamente.

Cosa succede in caso di incidente rilevante?

Quando si verifica un incidente rilevante, entra in azione il sistema di emergenza esterno, coordinato dalle autorità pubbliche. L’azienda è tenuta a informare immediatamente il prefetto, l’ARPA e gli enti competenti, attivando i protocolli previsti nel piano di emergenza.

Viene delimitata la zona interessata, avvisata la popolazione e valutato il rischio per la salute. A seconda del caso, possono essere imposte evacuazioni, blocchi stradali o interdizioni all’uso dell’acqua e dei terreni. Le autorità ambientali misurano la diffusione degli inquinanti e raccolgono campioni.

In parallelo, si apre un’indagine per accertare le cause dell’evento. Se emergono violazioni di legge, l’azienda può essere soggetta a responsabilità penale e amministrativa, secondo il D.Lgs. 231/2001. In alcuni casi, scatta la revoca dell’autorizzazione o la chiusura dello stabilimento.

Prevenzione e controllo: cosa devono fare le aziende a rischio

Le aziende soggette alla normativa Seveso hanno obblighi stringenti di prevenzione, pianificazione e comunicazione. Devono elaborare un sistema di gestione della sicurezza che preveda:

  • formazione specifica del personale;
  • manutenzione degli impianti critici;
  • controlli periodici sui livelli di sostanze pericolose;
  • procedure di allarme e evacuazione;
  • collaborazione con le autorità locali per i piani di emergenza esterna.

In particolare, gli stabilimenti di soglia superiore devono trasmettere ogni cinque anni un nuovo rapporto di sicurezza e organizzare simulazioni congiunte con i vigili del fuoco e la protezione civile. Inoltre, devono informare la popolazione residente sui rischi potenziali e sulle misure da adottare in caso di emergenza.

La trasparenza è parte essenziale della gestione del rischio. I cittadini devono sapere cosa c’è nel proprio territorio, quali pericoli sono associati a un determinato impianto e quali azioni sono previste per proteggere la comunità.

Incidenti rilevanti in Italia: esempi e impatti reali

L’Italia, come altri Paesi industrializzati, ha vissuto numerosi episodi di incidenti rilevanti. Alcuni sono rimasti nella memoria collettiva, come il disastro dell’ICMESA a Seveso nel 1976, che ha dato origine alla prima direttiva europea. Ma anche negli anni successivi si sono verificati incendi in impianti chimici, esplosioni in raffinerie e sversamenti tossici, spesso con danni ambientali significativi.

Questi episodi dimostrano che il rischio, anche se ridotto, non può mai essere azzerato del tutto. Per questo la normativa insiste sulla prevenzione attiva, sul controllo continuo e sulla responsabilità integrata tra aziende, enti locali e cittadini.

Perché è importante conoscere il rischio di incidente rilevante?

Comprendere cos’è un incidente rilevante significa conoscere un aspetto cruciale della sicurezza ambientale e industriale. Riguarda non solo le imprese, ma tutti coloro che vivono o lavorano vicino a impianti a rischio. I cittadini informati sanno come comportarsi in caso di emergenza, le amministrazioni possono pianificare in modo più sicuro il territorio, le aziende possono evitare danni enormi a persone, beni e reputazione.

Il rischio esiste, ma può essere gestito con responsabilità, trasparenza e rigore tecnico. La normativa Seveso non è un vincolo burocratico: è un insieme di strumenti per proteggere la vita, la salute e l’ambiente da eventi rari ma devastanti.

Mappa degli stabilimenti Seveso in Italia aggiornata

La mappa dei siti soggetti alla normativa Seveso è pubblicata e aggiornata periodicamente dal Ministero dell’Ambiente e da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

Per consultarla basta andare sul Portale INES – Inventario Nazionale delle Emissioni e delle loro Sorgenti e
selezionare la voce “Stabilimenti Seveso” nel menù di ricerca avanzata. Da qui si può filtrare per regione e provincia, soglia di rischio, tipo di attività e nome dell’azienda.

Questa mappa è uno strumento pubblico di trasparenza ambientale, utile a cittadini, tecnici, amministratori e operatori della sicurezza.

Guida sintetica al Rapporto di Sicurezza (RdS): come si articola?

Il Rapporto di Sicurezza è un documento obbligatorio per tutti gli stabilimenti Seveso di soglia superiore. Serve a dimostrare alle autorità competenti che l’azienda ha individuato e gestisce correttamente il rischio di incidente rilevante.

Contiene:

  • Descrizione dello stabilimento: layout degli impianti, processi, organigramma, gestione della sicurezza.
  • Identificazione delle sostanze pericolose: quantità, classificazione, modalità di stoccaggio e trasporto interno.
  • Analisi dei rischi: individuazione dei possibili eventi incidentali, probabilità di accadimento, conseguenze previste.
  • Scenari incidentali: rappresentazione grafica e descrittiva di incendi, esplosioni, fughe, con indicazione delle zone potenzialmente coinvolte.
  • Misure di prevenzione e protezione: barriere fisiche, sistemi di allarme, interblocchi di sicurezza, piani manutentivi.
  • Sistema di gestione della sicurezza (SGS-PIR): procedure, ruoli, formazione, audit e miglioramento continuo.
  • Piano di emergenza interno (PEI): azioni da attuare in caso di incidente, coordinamento con i soccorsi esterni.
  • Comunicazione con le autorità e la popolazione: strategie per informare cittadini e istituzioni in modo chiaro e tempestivo.

Il RdS è soggetto a valutazione da parte della Regione, dell’ARPA e del CTR (Comitato Tecnico Regionale dei Vigili del Fuoco). Può essere approvato, integrato o respinto. Deve essere aggiornato ogni cinque anni o prima se cambiano processi, sostanze o impianti.