L’erionite è un minerale fibroso appartenente alla famiglia degli zeoliti, di origine vulcanica, simile all’amianto per struttura e comportamento. Si presenta sotto forma di fibre cristalline estremamente sottili e leggere, capaci di rimanere sospese nell’aria e penetrare facilmente nell’apparato respiratorio umano. Nonostante sia meno conosciuta rispetto all’amianto, l’erionite è stata classificata come altamente cancerogena dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, rivelandosi, in alcuni contesti, addirittura più pericolosa dell’aasbesto.

Erionite: cos’è, dove si trova e dove è stata utilizzata

L’erionite è un minerale fibroso che si trova naturalmente in rocce vulcaniche alterate, soprattutto in regioni con una storia geologica complessa. Le aree a maggiore concentrazione conosciute sono alcune regioni degli Stati Uniti (soprattutto il Nord Dakota e il Nevada), della Turchia centrale, dell’Islanda e anche in alcune zone dell’Italia, come la Basilicata e la Sardegna.

In passato è stata utilizzata, inconsapevolmente, come materiale da costruzione nei villaggi anatolici, in particolare nella regione della Cappadocia, dove le pietre locali, contenenti erionite, venivano usate per costruire abitazioni.

Questo uso ha avuto conseguenze drammatiche, come dimostrato da un caso tristemente famoso: in un villaggio turco, l’incidenza del cancro polmonare ha raggiunto il 50% tra i residenti, costringendo all’evacuazione dell’intera comunità.

Perché l’erionite è così pericolosa?

L’erionite, a differenza di altri minerali fibrosi, presenta una notevole stabilità chimica nei fluidi biologici, il che significa che una volta inalata non viene degradata facilmente. Per molti anni, si è ritenuto che la sua pericolosità fosse legata alla presenza di ferro nella struttura cristallina, ipotesi oggi superata da una ricerca condotta con tecniche avanzate di microscopia elettronica ad alta risoluzione.

Gli scienziati hanno scoperto che il ferro si trova solo nei minerali associati all’erionite, e non nella sua struttura interna. Questo ha permesso di orientare gli studi verso altre spiegazioni del suo altissimo potenziale cancerogeno.

Il meccanismo della tossicità: una reazione a catena

Una scoperta fondamentale è arrivata da un gruppo di ricerca italiano, che ha identificato il meccanismo biologico attraverso cui l’erionite provoca danni cellulari profondi e persistenti. Quando inalate, le fibre di erionite vengono inglobate dai macrofagi polmonari, cellule specializzate del sistema immunitario. Tuttavia, questi tentativi di eliminazione si rivelano inefficaci. Le fibre resistono alla digestione intracellulare, alterano il pH e compromettono il funzionamento dei lisosomi, gli organelli che digeriscono i corpi estranei. Questo provoca un’infiammazione cronica e l’attivazione continua dei mitocondri, con produzione di radicali liberi e danni cellulari gravi. A lungo andare, il processo può ripetersi all’infinito, favorendo l’insorgenza di neoplasie come il mesotelioma pleurico, i carcinomi polmonari e altre patologie a carico del sistema respiratorio.

La pericolosità dell’erionite in uno studio della Sapienza

Oggi, grazie a uno studio innovativo condotto da Sapienza Università di Roma, Università di Genova ed ENEA, emergono nuovi dettagli sui micidiali meccanismi con cui l’erionite danneggia il nostro organismo.

I ricercatori, nell’ambito del progetto RETURN finanziato dall’Unione Europea – NextGenerationEU, hanno analizzato in laboratorio il comportamento delle fibre di erionite una volta inalate e fagocitate dai macrofagi, le cellule del nostro sistema immunitario che si occupano di “ripulire” i polmoni da sostanze estranee.

Utilizzando tecniche avanzate di diffrazione a raggi X su polveri, gli scienziati hanno scoperto che l’erionite, all’interno delle cellule, provoca uno scambio di ioni che altera profondamente l’ambiente cellulare: il pH si alza, i lisosomi – responsabili della digestione delle sostanze estranee – smettono di funzionare correttamente e le cellule entrano in sofferenza.

Erionite: una trappola senza fine per le cellule

L’innalzamento del pH costringe le cellule a un’intensa attività energetica, sovraccaricando i mitocondri, le “centrali energetiche” della cellula. Questo stress causa la produzione massiccia di radicali liberi dell’ossigeno, molecole altamente reattive che danneggiano la cellula stessa. Dopo qualche giorno, i mitocondri collassano e la cellula muore.

Il problema principale? L’erionite, estremamente stabile nei fluidi biologici, non si degrada. Una volta liberata dalla cellula morta, può essere nuovamente fagocitata da un altro macrofago, riattivando il ciclo tossico all’infinito. Questo fenomeno genera infiammazione cronica, un terreno fertile per lo sviluppo di tumori come il mesotelioma.

Malattie associate e sintomi

L’erionite è implicata principalmente nell’insorgenza di tumori polmonari e del mesotelioma, una forma di cancro particolarmente aggressiva e con una prognosi spesso infausta. I sintomi includono tosse persistente, dolore toracico, difficoltà respiratoria, perdita di peso e affaticamento.

Come nel caso dell’amianto, i sintomi possono comparire decenni dopo l’esposizione, rendendo la diagnosi precoce estremamente complessa. In assenza di una diagnosi tempestiva, la prognosi è spesso negativa, ma la ricerca sta compiendo progressi su terapie più mirate, compresa l’immunoterapia.

Lavoratori a rischio: chi sono?

I lavoratori maggiormente esposti al rischio erionite sono quelli coinvolti nell’escavazione e nel trattamento di materiali vulcanici, nella realizzazione di infrastrutture stradali in zone geologicamente ricche di erionite, nell’estrazione e nella lavorazione di zeoliti naturali, nonché in operazioni edilizie o di manutenzione in aree contaminate. In alcuni casi, anche il semplice transito su strade costruite con materiale contenente erionite ha comportato esposizioni significative. È quindi fondamentale che i lavoratori di questi settori vengano protetti da adeguate misure di prevenzione e sorveglianza sanitaria.

La tutela dei lavoratori esposti

La protezione degli operatori esposti all’erionite richiede un approccio integrato, basato su misure di prevenzione primaria, formazione continua, monitoraggio ambientale e sorveglianza sanitaria periodica. Gli ambienti di lavoro devono essere valutati per la presenza di fibre aerodisperse, utilizzando tecniche di campionamento e analisi specialistiche. I lavoratori devono essere dotati di dispositivi di protezione individuale adeguati, come maschere con filtri ad alta efficienza, e devono ricevere informazioni esaustive sui rischi. La consulenza fornita da enti come l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) si è rivelata cruciale nel supporto legale e medico ai soggetti esposti a cancerogeni ambientali e professionali.

L’erionite però non è classificata in Itaia e in Europa tra i minerali di amianto. Non viene quindi applicata la stessa tutela degli esposti che è prevista per l’asbesto. La stessa cosa succede con la fluoro-edenite, un minerale fibroso che ha causato una strage di mesoteliomi in Sicilia.

Consulenza ONA per gli esposti a cancerogeni

L’ONA assiste tutti i cittadini e lavoratori che sono venuti a contatto con agenti cancerogeni, come l’amianto, e hanno subito danni alla propria salute. Per ottenere la tutela dei propri diritti ci si può rivolgere al servizio di consulenza gratuita, chiamando il numero verde 800.034.294 o compilando il form.

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